Rissa in Aula, la versione di Candiani: «Volevo proteggere Calderoli. Con Donno non mi scuso, le sue provocazioni hanno rotto il…» – L’intervista

Il deputato della Lega è stato tra i primi a entrare nell’emiciclo quando il 5 stelle si è avvicinato al ministro: ha ricevuto una sospensione di tre giorni

Sono passati ormai due giorni dalla rissa che mercoledì pomeriggio, 12 giugno, ha coinvolto diversi parlamentari. Ma le polemiche stentano a spegnersi. Anzi: il 18 giugno le opposizioni hanno convocato una manifestazione di piazza, a Roma. Vogliono dare una risposta a quello che definiscono un «clima di intimidazione» della maggioranza. Evidentemente, non sono bastate le sanzioni deliberate dall’Ufficio di presidenza della Camera: è stato comminato il massimo della sospensione – 15 giorni – al deputato della Lega Igor Iezzi. Quattro, invece, le giornate che sta scontando il 5 stelle Leonardo Donno. Quest’ultimo, tentando di consegnare un Tricolore al ministro Roberto Calderoli – presente in Aula durante la discussione del ddl sull’Autonomia -, ha innescato la reazione dei parlamentari di centrodestra. Tra loro c’era anche Stefano Candiani. Il quale, raggiunto da Open, ha spiegato il suo punto di vista sull’accaduto.


Candiani, a molti è sembrato strano che proprio lei, ritenuto il più pacato tra i leghisti, sia stato il primo a buttarsi nell’emiciclo.


«Non mi sono buttato, mi sono precipitato! Sia chiaro, però: la mia non è stata una calata furiosa. Siedo ai primi banchi e avevo davanti agli occhi, a distanza di meno di due metri, il ministro Calderoli di spalle. È stato un istante: l’ho visto indietreggiare barcollando e, contemporaneamente, qualcuno che armeggiava un tricolore, muovendosi verso di lui. In quel momento nemmeno ho realizzato fosse Donno. Ho sentito la necessità di andare a proteggere Calderoli, cosa che non sarebbe per altro mio dovere, perché ci sono i commessi che svolgono questa funzione e l’hanno fatto in maniera egregia. Il video evidenzia che, al mio ingresso nell’emiciclo, i commessi si frappongono immediatamente tra me e Donno. Non c’è alcun contatto e mi limito a redarguirlo, esprimendoli tutta la mia disapprovazione. Dopodiché, mi allontano ed esco dalla scena. Quello che accade dopo non mi appartiene. Anzi lo disapprovo. Il confronto verbale, anche aspro, sì. Lo scontro fisico mai».

Ha ricevuto una sospensione di tre giorni per gli insulti, “redarguirlo” sembra un eufemismo.

«È stato acclarato che tra me e Donno non c’è stato alcun contatto fisico. Adesso, mi trovo con una sospensione di tre giorni come Amendola del Pd, che come me non ha avuto contatti fisici con alcuno. E Donno, ovvero colui che ha provocato questo can-can, ha avuto appena quattro giorni. Lo stesso Donno che, nel 2023, è stato sospeso per 15 giorni perché aveva impedito fisicamente, insieme ad altri 5 stelle, l’ingresso in giunta per le Elezioni ai membri. È un provocatore seriale, contrariamente alla beatificazione che ne sta facendo l’opposizione».

Accetta la sospensione?

«Sì, la accetto, ma se la metto in relazione a quanto accaduto, la ritengo sproporzionata alla sanzione di Donno. Se mandare a quel paese vale tre giorni, la sospensione di Donno che ha causato tutto è troppo bassa. Fermiamoci qua perché mi dà fastidio parlare di questo episodio, non è il mio modo di considerare l’attività parlamentare. Non dovevamo cadere in quel tranello delle opposizioni, ma le provocazioni di Donno e della sinistra sono state pesanti: negarlo, vorrebbe dire mancare di onestà intellettuale. Ricordo che Calderoli è stato apostrofato più volte come “il ministro laureato in porcate istituzionali”».

Le dà fastidio parlarne, ma lo scontro fisico l’ha cercato un parlamentare del suo gruppo, Iezzi.

«Disapprovo la piega che ha preso quella situazione. Ci fa oggettivamente fare una brutta figura, senza sé e senza ma. Comunque, conosco Igor Iezzi e non è persona che ha questo carattere. Le provocazioni ricevute fino a quel momento, il cercare il contatto fisico con la scusa del Tricolore: queste sono le cose che hanno scatenato un putiferio di cui c’è solo da vergognarsi, a partire da chi l’ha scatenato».

Lei parla delle provocazioni di Donno, ma le ricordo che dai vostri banchi Domenico Furgiuele ha fatto il simbolo della Decima Mas.

«Episodio sovradimensionato. Siamo arrivati a fare la moviola per cercare di capire chi ha provocato chi. Posso dire che è dovere della maggioranza non perdere il controllo. Cascare in qualche tranello di questo tipo, francamente, deve essere evitato. Al netto del fatto che si sia trattato del simbolo della Decima Mas o di X Factor, queste sono cose che afferiscono all’ambito del risibile, nel 2024».

Per un esponente del centrodestra, il presidente della Calabria Roberto Occhiuto, «non c’è serenità per discutere la riforma» sull’autonomia differenziata. È d’accordo?

«Occhiuto arriva in ritardo sulla storia, perché il provvedimento che c’è in Aula è frutto di un’estrema condivisione. Deve stare attento anche lui a non cadere nel tranello delle opposizioni, che vorrebbero dividere la maggioranza».

Nulla da dire sull’Ufficio di presidenza guidato dal “vostro” Lorenzo Fontana, quindi?

«L’esito dell’ufficio presidenza è discutibile per le ragioni che ho esposto prima, ma poi mi rendo conto che bisognava trovare un accordo tra maggioranza e parte dell’opposizione per riuscire a chiudere questo episodio increscioso…».

Episodio tutt’altro che chiuso: il centrosinistra ha convocato una piazza, in segno di protesta, il prossimo 18 giugno. E continuano a definire quella subita da Donno una “aggressione squadrista”.

«Cercano di giocare di sponda con un episodio drammatico della storia italiana, quello dell’omicidio Matteotti. Proprio per rispetto alla nostra storia non dobbiamo creare parallelismi arditi, fuori dalla realtà. Mi dispiace vedere circolare sul web dei volantini dei 5 stelle che descrivono i parlamentari della maggioranza sanzionati alla stregua di squadristi da punire. Non vorrei che, piuttosto, questo modo di fare opposizione diventasse lo stimolo per qualche estremista di sinistra. Dio non voglia che qualcuno segua la strada che, negli anni ’70, hanno aperto certi cattivi maestri, indicando gli obiettivi da colpire. Dio non voglia che l’esasperazione a cui stanno giungendo, nelle loro espressioni, Partito democratico e 5 stelle possa riaprire certi scenari».

Insomma, eravate tutti mossi dalla volontà di difendere Calderoli, nonostante quella foga.

«Parlo per me: certamente sì. Abbiamo sbagliato a cadere nella trappola, ma la provocazione c’è stata: anche questo deve essere riconosciuto».

Ha parlato personalmente con Calderoli?

«Sì, ci ho parlato subito dopo l’episodio e di nuovo ieri – 13 giugno -. Aveva un’amarezza infinita, sia per la carica di tensione che si è accumulata su un disegno di legge a cui ha dedicato anima e corpo, sia per la veemenza dell’azione mossa da Donno contro di lui. Quella sì che, vista dai banchi di maggioranza, aveva una portata di aggressività».

Ha provato a chiarirsi con Donno?

«Sì, ho chiesto anche il numero personale di Donno ai colleghi dei 5 stelle, per chiarire che da parte mia non c’è stata mai l’intenzione di aggredirlo».

Vuole scusarsi?

«E per cosa? Non l’ho nemmeno sfiorato. Le scuse, se vanno poste, le pongo nei confronti dell’Aula e del Parlamento per essere, mio malgrado, rimasto impigliato in questa provocazione. Come dovrebbe scusarsi Donno per avere creato questo caos. Mi auguro che lui sia consapevole di avere una responsabilità e lo ammetta. Le sue provocazioni hanno rotto il c…».

Si fermi, il concetto è chiaro.

Candiani ride.

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