La storia del tuffatore olimpionico a giudizio per atti persecutori contro la collega

Il racconto: «Una volta mi ha sbattuto la faccia sul volante, diceva che avevo guardato un altro tuffatore. Non era vero»

Nel 2019 il tuffatore nazionale Andreas Sargent Larsen, danese naturalizzato italiano, si fidanza con la compagna di piattaforma Valeria, 15 anni. La loro storia dura quattro mesi, un periodo da incubo per la ragazza che ha trascinato l’ex in tribunale. Secondo il suo racconto Andreas non si sarebbe mai arreso alla fine della loro relazione, minacciandola con atti persecutori. Per questo l’olimpionico, riporta Repubblica che ricostruisce il caso, è stato rinviato a giudizio. «Avevo 15 anni quando ho accettato la proposta di Andreas, ma avrei scoperto presto che era ossessivamente geloso», ha raccontato la giovane, oggi 19enne, agli inquirenti. «Non potevo scrivere un whatsapp di complimenti a un altro atleta che s’infuriava. Mi voleva accompagnare sempre a casa: con l’Audi 4 bloccava la mia auto all’esterno del Centro federale dell’Acqua Acetosa in modo che non potessi andare via da sola». Un giorno, nel piazzale, «Andreas mi ha sbattuto la faccia sul volante, diceva che avevo guardato un altro tuffatore. Non era vero, quando l’avevo incrociato avevo abbassato lo sguardo temendo la sua reazione. Mi ero anche scusata. Niente, mi sono riparata con un braccio altrimenti mi avrebbe spaccato il naso». Dopo la fine della relazione, voluta da lei, «mi ha seguito dieci volte», ha raccontato la ragazza. Il 5 marzo il campione, in partenza per le Olimpiadi, è stato rinviato a giudizio per atti persecutori. Il 25 giugno ci sarà la prima udienza. Intanto la polizia, con cui Andreas Sargent Larsen è tesserato, gli ha tolto la pistola. Interrogato, il tuffatore ha detto che
non avrebbe mai voluto spaventare la ex. «Le ho sempre voluto bene. Tutto è nato per incomprensioni, lei stava passando un periodo difficile, si era fatta male a una spalla», ha spiegato. Federnuoto e il Comitato olimpico per ora tacciono sulla vicenda. Solo il presidente del Coni Malagò, da una barca in rotta tra le isole pontine, ha precisato a Repubblica: «Fino a quando non ci sarà una sentenza è sbagliato dare giudizi».


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