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«Ero io quella sera sotto casa di Giorgia Meloni. L’altro? Non l’ho più rivisto. L’avevo conosciuto da poco»

16 Giugno 2024 - 07:27 Redazione
L'uomo fermato il 30 novembre sotto casa della premier parla al Fatto Quotidiano. Ma rimane il giallo sul secondo "agente" e quel tesserino esibito davanti alla polizia

Non è ancora chiaro cosa sia successo la notte del 30 novembre scorso, quando, sotto casa della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, due persone sospette sono state fermate e si sono allontanate dopo esser state individuate dalla pattuglia presente sotto casa della premier. Si è parlato di un tentato furto della Porche di Andrea Giambruno, suo ex compagno, ma rimane ancora da capire perché i due si siano presentati come “colleghi” agli agenti di polizia con tanto di esibizione di un presunto tesserino. Uno dei due uomini parla oggi al Fatto Quotidiano: «Davanti la casa della premier – spiega – c’ero io quella sera. Ero con una persona che avevo appena conosciuto e che non ho mai più rivisto. Ma non facevamo nulla di male, non volevamo mica rubare le ruote della Porsche parcheggiata lì davanti. È stato tutto un equivoco: ero nel posto sbagliato al momento sbagliato». E ancora: «Mai più rivisto e mai conosciuto». Chi è il secondo uomo non è chiaro.

A che punto sono le indagini

Sulla vicenda, su cui Meloni ha tenuto un controspionaggio, indaga il procuratore di Roma, Francesco Lo Voi. Dopo l’informativa della Digos, che ritiene concluse le proprie verifiche, la procura deciderà se archiviare o meno. Perché non è nemmeno possibile contestare il reato di tentato furto e chissà se si può avanzare quello di false generalità fornite alla poliziotta. Inizialmente quest’ultima identificò due agenti dell’Aisi che però avevano già fatto richiesta di trasferimento all’Aise prima dell’episodio di novembre. Secondo poi un’indagine amministrativa dell’Aisi, dalle celle telefoniche, non erano presenti 007 davanti la casa della premier quella sera, ma altre due persone, a bordo di una Mercedes. Secondo quanto ricostruito si stavano muovendo con una lucina vicino alla Porsche. Uno di loro è stato identificato e interrogato ed è quello che parla oggi al Fatto Quotidiano. E sul tesserino esibito millantando professioni precisa: «Ero in macchina quando è successo – spiega –, non ci ho parlato io (con la poliziotta, ndr). Ci ha parlato quest’altro che se avesse detto ‘guardi non stiamo a fa’ niente, siamo qua di passaggio’, quelli avrebbero risposto: ‘Qua non ci puoi stare… ’. Sarebbe finita così». L’uomo ha saputo che il suo accompagnatore aveva detto di esser collega degli agenti solo durante l’interrogatorio. «Però le posso assicurare – spiega al Fatto – che quello, per quanto sapevo io, non era un collega. Lui gli ha detto ’ste stronzate e ha creato tutto ’sto casino». «Io non sapevo né chi fosse Giambruno, né che fosse casa di Meloni – assicura –. Di tutta ’sta storia, politica, servizi, non so nulla. Ero nel posto sbagliato al momento sbagliato. È stato un equivoco».

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