Non è un paese per sindaci. La relazione della Dia: «Aumentate le minacce mafiose contro gli esponenti locali»

Il dato peggiore in Calabria, con 130 comuni sciolti per infiltrazioni mafiose. Preoccupa anche l’aumento delle armi sequestrate, anche da guerra

«Aumentano i casi di intimidazioni nei confronti degli amministratori locali, sia consiglieri comunali sia sindaci». L’allarme è lanciato dal direttore della DIA, Michele Carbone, a margine della presentazione della relazione sull’attività svolta nel primo semestre 2023. «Questo soprattutto dove non arriva la corruzione – aggiunge -. Ci sono episodi di collusione negli apparati politico-amministrativi come dimostra la lunga serie di consigli comunali sciolti per infiltrazioni mafiose. Dove i tanti pubblici amministrazioni si oppongono a queste infiltrazioni sono oggetto di danni e minacce affinché si pieghino a queste organizzazioni». Secondo Carbone la corruzione «è il metodo privilegiato» per la criminalità organizzata. «Le intimidazioni – ha aggiunto – sono risultate essere anche funzionali talvolta al condizionamento dell’operato dei pubblici amministratori, in special modo nell’affidamento di appalti di imprese vicine ai clan. Inquietanti sotto questo profilo sono stati i non pochi episodi minatori ai danni di consiglieri comunali e sindaci, in particolare nei comuni calabresi». Il direttore della Dia ha poi sottolineato che «dal 1991 al 2023 sono stati sciolti 379 consigli comunali per infiltrazioni mafiose, di cui 25 annullati a seguito di ricorso. A questi si aggiungono 7 aziende ospedaliere ( 5 in Calabria e 2 in Campania). La regione con maggior numero di consigli comunali sciolti per infiltrazione mafiosa è la Calabria con 130 Comuni».


L’aumento delle armi sequestrate: anche da guerra

«Il dato più preoccupante – sottolinea Carbone – è quello che riguarda l’aumento di sequestrati delle armi. Un dato che si riflette su tutta l’Unione europea». «Si sta registrando aumento delle armi nella disponibilità delle organizzazioni mafiose. Bisogna mantenere la guardia alta per evitare che le organizzazioni alzino il tiro di conflittualità con le istituzioni. In alcune aree la presenza delle armi serve sempre a ricordare che le mafie non cambiano pelle e all’occorrenza sono in grado di usare queste armi», ha dichiarato il numero uno della DIA. «La lotta alle mafie nel primo semestre 2023 registra cospicui sequestri di armi, anche da guerra, operati dalle forze di polizia nei confronti di tutte le consorterie criminali organizzate», ha sottolineato il direttore. «In questo quadro – precisa – è sempre elevato il rischio reale che il conflitto bellico russo-ucraino possa favorire il traffico di armi da guerra da quel territorio verso quello nazionale un rischio segnalato anche recentemente da Europol, sebbene non vi siano evidenze specifiche in tal senso».


Le mafie e l’uso dei social e delle app

L’uso della tecnologia, emerge dal dossier, è una prerogativa oramai comune nelle organizzazioni criminali mafiose. Il tutto avviene, utilizzando i sistemi di comunicazione crittografata e le applicazioni di messaggistica istantanea e i social. «Dagli esiti delle indagini concluse nel semestre, emerge come la principale fonte di redditività dei cartelli criminali, a livello transnazionale, continui ad essere il traffico di sostanze stupefacenti a volte gestito – viene sottolineato nella relazione della DIA – mediante nuovi modelli organizzativi capaci di sfruttare il web, soprattutto nella fase dello smercio».

I Casamonica e i clan albanesi

Un aspetto tutto romano riguarda invece alcuni esponenti del clan Casamonica, in rapporti con la criminalità mafiosa albanese non solo per il traffico di droga ma anche per le attività di riciclaggio. Secondo Mario Conio, capo del centro operativo di Roma della Dia «gli albanesi, da un punto di vista di impatto criminale, sono gli eredi dei Casamonica. Hanno lo stesso imprinting, in cui la violenza è il modo in cui si esprimono sul territorio». Quanto alla ‘Ndrangheta rimane sempre una mafia importante, anche nella Capitale. «È sicuramente riferimento tra le mafie tradizionali – afferma Conio -. Bisogna considerare che storicamente Roma è anche legata alla camorra dove il ruolo di Senese nel tempo è stato centrale nelle dinamiche criminali».

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