Diritti lgbtqia+, la sfida dell’Europa a due velocità per il nuovo Parlamento – L’inchiesta

Chi fatica ad avanzare sono soprattutto i Paesi dell’Europa Orientale, a differenza del trend positivo che caratterizza quella occidentale. Dalla Bulgaria alla Polonia, le voci degli attivisti

È un’Europa dei diritti lgbtqia+ a due velocità quella che il nuovo Parlamento europeo si troverà ad affrontare. Mentre in alcuni paesi del continente si intravede un’accelerazione verso un futuro più tollerante e rispettoso, in altri l’orologio sembra fermarsi o persino retrocedere. Chi fatica ad avanzare sono soprattutto i Paesi dell’Europa Orientale, a differenza del trend positivo che caratterizza l’Europa occidentale. In questo contesto, l’Unione Europea gioca un ruolo cruciale, avendo il potere di influenzare una fetta importante del continente: le politiche dei suoi Stati membri. A maggior ragione ora, in vista della nuova formazione del Parlamento europeo. Tuttavia, non è un caso se su 27 paesi dell’Ue, ben 8 dei 9 che hanno scelto di non firmare la dichiarazione a favore delle politiche europee per la comunità lgbtqia+, presentata dalla presidenza belga dell’Unione europea, siano tutti paesi dell’est. O quasi.


Non passa inosservato, infatti, che il nono Stato a negare la sottoscrizione sia stata l’Italia. Oltre al nostro Paese, mancano all’appello le firme di Ungheria, Romania, Bulgaria, Croazia, Lituania, Lettonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. I diritti lgbtqia+ sono stati anche tra i protagonisti del G7. Nei giorni scorsi, era emerso che dalla bozza delle conclusioni sarebbe stato stralciato il passaggio sulla protezione «dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale» della comunità lgbtqia+. A seguire, i leader hanno smentito questa presa di posizione rimarcando una «forte preoccupazione per la riduzione dei diritti delle donne e delle persone lgbtqia+ in tutto il mondo, in particolare in tempi di crisi», e impegnandosi a favore del raggiungimento «dell’uguaglianza di genere». Di fatto, però, sono stati tolti i riferimenti specifici a «identità di genere» e «orientamento sessuale».


«La società civile è più avanti»

La situazione nei paesi dell’Europa orientale è varia e una luce lascia speranza. «Nel complesso, a differenza di quanto affermano alcuni governi per rallentare i progressi, il sostegno pubblico nei Paesi dell’Europa orientale è relativamente alto. In Ungheria e in Polonia, ad esempio, dove si è assistito a una forte retorica anti-lgbtqia+, dall’ultimo rapporto dell’Eurobarometro emerge che rispettivamente il 42% e il 50% degli intervistati è favorevole al matrimonio tra persone dello stesso sesso, mostrando così la resilienza della prospettiva pubblica anche di fronte a un’intensa pressione politica che va nella direzione contraria». È quanto osserva a Open Katrin Hugendubel, Advocacy Director di Ilga Europe, l’organizzazione non governativa che promuove i diritti delle persone lgbtqia+ in tutti i paesi europei e realizza ogni anno una mappa dell’Europa, classificando gli Stati in base alle loro leggi e politiche riguardanti i diritti lgbtqia+.

L’Europa a due velocità sui diritti lgbtqia+

La mappa di Ilga Europe è stilata considerando le leggi e le politiche nazionali in base a 75 criteri, suddivisi in sette macro categorie: uguaglianza e non discriminazione, diritti di famiglia, crimini d’odio e discorsi d’odio, riconoscimento legale del genere, integrità del corpo delle persone intersessuali, spazio per la società civile e diritto d’asilo. Osservando la mappa aggiornata al 2024, emerge nell’immediato un continente diviso: da un lato, gli Stati hanno semaforo verde, indicando un buon livello di progresso e tutela dei diritti; dall’altro lato, sono segnati in rosso, evidenziando discriminazioni persistenti e sfide ancora irrisolte. Mentre, buona parte dei Paesi dell’est è avvolta in una sfumatura arancione, indicatore di forze contrastanti e cambiamenti in corso.

Tra immobilismo e leggi anti-lgbtqia+

Secondo Hugendubel, nella regione orientale dell’Europa «i diritti e la comunità lgbtqia+ sono sempre più al centro del confronto politico. L’omofobia politica perpetrata da alcuni governi e partiti sta provocando una crescente polarizzazione sociale, alimentando odio e violenza». Questa dinamica si riflette in un’immobilizzazione legislativa evidente: «In molti paesi della regione, proposte legislative cruciali rimangono in sospeso da anni, senza alcun progresso. È il caso, ad esempio, di leggi per le unioni civili, il riconoscimento legale del genere o norme contro i crimini d’odio», spiega Hugendubel. Ma non si tratta solo di immobilismo. Ci sono anche forze politiche che cercano di promuovere attivamente leggi che vadano nella direzione contraria alla tolleranza delle realtà arcobaleno. «Sfortunatamente», evidenzia Hugendubel, «vediamo paesi come l’Ungheria, ma anche la Georgia e la Turchia, che stanno attivamente erodendo i diritti umani e le libertà fondamentali, inclusi sforzi per approvare nuove leggi che prendono di mira attivamente le persone lgbtqia+. Gli sforzi di divisione e distrazione da parte di regimi autoritari consolidati stanno influenzando altri paesi europei in un momento in cui le elezioni stanno spingendo l’Europa nelle mani di leader che desiderano formare un’Unione Europea e un’Europa radicalmente di destra e anti-democratica». Di fatto, per molti Paesi è stato così: all’indomani della chiusura delle urne per le elezioni europee 2024, sono avanzate le destre, sfondando soglie storiche in alcuni dei più grandi Paesi europei, come Italia, Francia e Germania.

Rainbow Map 2024 di Ilga Europe: confronto di alcuni paesi dell’est rispetto alla media europe

Il movimento pro-lgbtqia+ che parte dal basso

Tuttavia, le forze in gioco sono molteplici. «In molti paesi europei abbiamo visto la volontà politica dei governi di avanzare ulteriormente nella protezione dei diritti fondamentali delle persone lgbtqia+. La Polonia è un esempio nella regione, dove si spera che presto la volontà politica si traduca in progressi legislativi sulla protezione dai crimini d’odio e il riconoscimento delle unioni tra persone dello stesso sesso», afferma Hugendubel, che lavora attivamente con numerosi gruppi di attivisti lgbtqia+ in giro per l’Europa. «In diversi Paesi dell’est ci sono gruppi attivi, vivaci ed efficaci che operano a livello nazionale ed europeo. Ad esempio, è grazie al lavoro di questi attivisti dietro le quinte che sono stati ottenuti progressi in Bulgaria, tra cui la prima legislazione pro-lgbtqia+ dopo 20 anni». Ma, precisa, «questi gruppi di attivisti lavorano con finanziamenti limitati e spesso in circostanze difficili, ed è una testimonianza della loro resilienza e dedizione che le radici del cambiamento positivo stanno crescendo in Bulgaria». Per questo, le sfide sono numerose, ma l’impegno e la determinazione di questi gruppi rappresentano una speranza concreta per un futuro più inclusivo in tutta Europa.

La situazione in Bulgaria (simile all’Italia)

Rainbow Map 2024 di Ilga Europe: la situazione in Bulgaria

In Bulgaria, infatti, lo scorso anno ha segnato un significativo avanzamento per i diritti lgbtqia+, dopo oltre 20 anni di stasi legislativa. Il Paese ha approvato una serie di emendamenti che introducono pene più severe per crimini come omicidio, aggressione, rapimento e negazione del diritto al lavoro, se il movente è l’orientamento sessuale della vittima. Un intervento simile a quello previsto dal Ddl Zan, la proposta di legge che in Italia mirava a inasprire le pene contro i crimini e le discriminazioni nei confronti di omosessuali, transessuali, donne e disabili, ma che non è mai stato approvato. Guardando alla tutela delle persone lgbtqia+ e confrontando la situazione tra Italia e Bulgaria, le percentuali di protezione sono sorprendentemente vicine (23,22% in Bulgaria e 25,41% in Italia). «Questo aggiornamento del codice penale è stato una vittoria legale molto attesa, ottenuta dopo molte campagne e tristi episodi, tra cui il bullismo e l’omicidio di una persona nel 2008», commenta a Open Simeon Vasilev, attivista bulgaro lgbtqia+, membro sia dell’organizzazione non governativa pro-lgbtqia+ Glas Foundation che di Rainbow Hub, il primo centro di Sofia a supporto di adolescenti, genitori e persone lgbtqia+.

Rainbow Map 2024 di Ilga Europe: confronto tra Bulgaria, Italia, media dell’Ue

Il movimento anti-gender e la comunità lgbtqia+ come «capro espiatorio»

«Negli anni, il nostro Paese è diventato terreno fertile per il movimento anti-gender. Il termine gender è diventato un vero e proprio insulto in Bulgaria. Invece di chiamare qualcuno con un insulto omofobo, ora si usa la parola gender. E la comunità lgbtqia+ è spesso utilizzata come capro espiatorio nelle campagne di disinformazione. Tuttavia, è in corso un lento ma costante progresso in termini di accettazione nella società bulgara», racconta Simeon Vasilev. I dati nel dettaglio di Ilga Europe sulla Bulgaria sono particolarmente interessanti. Se l’indicatore sulla presenza di leggi antidiscriminatorie è al 45%, la tutela dei diritti familiari delle persone lgbtqia+ crolla all’11%. Tuttavia, la sezione dedicata allo spazio della società civile, ovvero le leggi, politiche e pratiche che consentono il pieno esercizio della libertà di associazione ed espressione per le persone lgbtqia+, sale al 67%. Analizzando più in generale i dati nel tempo, si nota che la situazione in Bulgaria aveva subito un peggioramento tra il 2019 e il 2022, per poi registrare un netto miglioramento negli ultimi due anni. Dal 18,3% del 2022, è passata al 19,8% del 2023 e al 23,2% di quest’anno. Questo trend positivo dimostra un cambiamento significativo e incoraggiante, nonostante le difficoltà e le resistenze presenti nella società. E il lavoro degli attivisti e delle principali organizzazioni bulgare come Glas Foundation e Rainbow Hub si è rivelato fondamentale per mantenere questo slancio. Intanto, fanno sapere gli attivisti bulgari, il prossimo obiettivo su cui stanno lavorando è il riconoscimento delle unioni civili, da realizzare entro tre o cinque anni.

Rainbow Map 2024 di Ilga Europe: i dati sulla situazione in Bulgaria
Rainbow Map 2024 di Ilga Europe: com’è cambiata negli anni la situazione in Bulgaria

«Così l’Ue si dimentica dei paesi dell’est»

Nel frattempo, c’è fermento nel Paese. Mentre l’Ue è concentrata sull’esito delle elezioni per il nuovo Parlamento europeo, la Bulgaria è tornata al voto anticipato per la sesta volta in tre anni, a causa dello scenario politico estremamente frammentato. Come prima forza nel Pese si è confermato il partito conservatore di centrodestra Gerb dell’ex-premier Boyko Borissov, ma anche questa volta il parlamento risulta diviso e sarà complesso trovare una coalizione in grado di formare un governo stabile. Il Gerb ha ottenuto circa il 24% dei voti, mentre il Movimento per i Diritti e le Libertà (Dps), di orientamento social-liberale e centrista, ha raggiunto il 15% circa. Sia alle europee che alle nazionali. Quanto ai diritti lgbtqia+ nei paesi dell’Est Europa, Simeon Vasilev ritiene che l’Ue possa e debba fare di più. «La strategia lgbtqia+ che la Commissione ha presentato per il 2025 non è stata implementata efficacemente. Paesi come la Romania e la Bulgaria necessitano di un’attenzione speciale quando si tratta di diritti lgbtqia+, e l’Ue, nella figura della commissaria per l’inclusione Helena Daly, non è mai stata in Bulgaria negli ultimi cinque anni del suo mandato», racconta. «Ha partecipato ai Pride in altri paesi europei come Amsterdam e Madrid, dove non c’è così tanto bisogno. Ma quando si tratta della Bulgaria, nonostante gli innumerevoli inviti, l’unica cosa che abbiamo ricevuto è stato un messaggio video. Vediamo cosa porteranno gli esiti delle nuove elezioni europee…», conclude.

La situazione in Repubblica Ceca

Rainbow Map 2024 di Ilga Europe: la situazione in Repubblica Ceca

Con un 45% nella categoria delle leggi anti-discriminazione, il 15% sui diritti familiari e un 100% sullo spazio civile, la Repubblica Ceca si posiziona in maniera simile alla Bulgaria. Anche questo Stato figura tra coloro che non hanno firmato la dichiarazione Ue per i diritti lgbtqia+. «Nel nostro Paese, la comunità arcobaleno è sotto pressione attiva: c’è un odio generale e discriminazione verso le persone queer, specialmente quelle transgender e non binarie. Questo perché ci sono gruppi che cercano attivamente di demonizzare la nostra esistenza e cancellarci dallo spazio pubblico», commenta a Open Georgia Hejduková, attivista 20enne e fondatrice dell’organizzazione Zastavme šikanu (Stop bullismo, ndr) che si impegna per sviluppare soluzioni contro il bullismo nelle scuole e sostenere i giovani lgbtqia+.

Rainbow Map 2024 di Ilga Europe: i dati sulla situazione in Repubblica Ceca

La resistenza degli attivisti tra lobby e propaganda russa

«La pressione proviene principalmente dai gruppi di lobbying conservatori finanziati da denaro legato alla Russia. Questi gruppi fanno attivamente pressione sui politici per impedire loro di approvare tali legislazioni», spiega l’attivista. Aspetto condiviso anche dal bulgaro Simeon Vasilev: «Dal 2018 al 2023 il nostro Paese è stato particolarmente suscettibile alle campagne di disinformazione russe». Ma – conclude la giovane attivista ceca – «penso che il problema sia una paura generale delle persone lgbtqia+, specialmente da parte di chi non ne ha mai avuto a che fare personalmente nella propria vita. È naturale che quando le persone non conoscono qualcosa, si spaventino; quindi, c’è bisogno di più educazione sulla popolazione queer».

[Questa inchiesta è la quinta puntata della serie sui movimenti giovanili in Europa. La serie è parte di EUtopia, un progetto di Open in collaborazione con la rappresentanza in Italia della Commissione europea e del Parlamento europeo]

Leggi anche: