Il Capo dello Stato attaccato alla sua poltrona: la Costituzione materiale. Ecco la telefonata sullo scontro Berlusconi-Quirinale tornato alla luce – Il video

Il Cavaliere in viva voce: «Io non andrei mai in tv, e tutte le volte che mi rivedo mi faccio schifo»

Ha fatto scalpore nei giorni scorsi l’intervista al cardinale Camillo Ruini al Corriere della Sera che ha svelato come nel 1994 all’epoca della prima vittoria elettorale di Silvio Berlusconi l’allora capo dello Stato, Oscar Luigi Scalfaro, lo aveva invitato a cena insieme ad altri porporati per chiedere un aiuto a fare cadere il Cavaliere da Palazzo Chigi. Ruini, che all’epoca guidava i vescovi italiani, non rispose ma non diede quella mano non ritenendo affatto Berlusconi «un pericolo». La rivelazione di oggi ha riacceso lo scontro del centrodestra con il Quirinale che in effetti se il racconto di Ruini fosse fondato, si sarebbe comportato in maniera assai lontana dal ruolo super partes che la Costituzione assegna al Capo dello Stato.


Quello scontro con il Quirinale che mise Dini a Palazzo Chigi

Posso però dire su base dei documenti che conservo nell’archivio che se Scalfaro (come in anni più recenti anche uno dei suoi successori, Giorgio Napolitano) non aveva in alcuna simpatia Berlusconi, ne era però parimenti ricambiato. Lo testimonia una telefonata che il fondatore di Forza Italia mi fece nel marzo 1995, quando il suo governo era ormai caduto da qualche mese, e Berlusconi era stato sostituito a Palazzo Chigi dal suo ministro del Tesoro, Lamberto Dini. Berlusconi sapeva che da giornalista economico avevo un antico filo diretto con Dini che era stato direttore generale della Banca di Italia, e chiamava per sapere da me che cosa avesse in testa il premier, sperando nel cuore suo in un ritorno alle urne quanto prima, già a giugno. Una pura illusione, tanto è che le elezioni in cui avrebbe però trionfato Romano Prodi si sarebbero tenute solo l’anno dopo.


Scalfaro? Un capo dello stato attaccato solo «al suo cadreghino»…

«L’uomo è questo qui», sosteneva Berlusconi al telefono riferendosi al Capo dello Stato, Scalfaro, «l’uomo teme per il suo cadreghino… Pensa che andando al governo noi lui dovrà andarsene a casa …». Antipatia dunque ricambiata con la descrizione di un presidente della Repubblica attaccato solo alla sua poltrona. Ma come spesso accadeva a Berlusconi soprattutto all’inizio dopo una artigliata, subito un po’ di miele: «Io continuo a rassicurarlo come vede», aggiungeva il Cavaliere, «alla fine cerco di rassicurare sia Dini che lui … Però non posso andare oltre quello che faccio». Ma nella stessa telefonata altra artigliata a Scalfaro che non aveva alcuna intenzione di rimandare l’Italia al voto se prima non avesse risolto il conflitto di interesse e non avesse avuto dai sondaggi l’indicazione di un Berlusconi votato da più della metà degli italiani: «È una cosa contro quella che io chiamo» sosteneva il leader di Forza Italia, «e che tutti credo condividano essere la Costituzione materiale, che si è venuta a creare con l’80% degli italiani che ha scelto il sistema maggioritario».

Silvio: «Non andrei mai in tv, e le volte che mi rivedo mi faccio schifo»

Dopo essersi sfogato alla fine della telefonata Berlusconi un po’ come la volpe che vede l’uva ma non arriva a prenderla, se ne uscì a spiegare che in fondo lui non aveva alcuna intenzione di tornare a Palazzo Chigi, dove si perdeva così tanto tempo a fare nulla: molto meglio stare fuori. Per essere più convincente Berlusconi esagerò, regalando un cammeo audio davvero da collezione, spiegando di essere un timido, e che fosse stato per lui non sarebbe mai apparso in tv. Anche perché dopo, rivedendosi, non si piaceva proprio. Ecco il cammeo: «Io non ho alcuna voglia di sedermi lì. Penso, avendo visto un po’ le cose, che anche per quanto riguarda le grandi riforme da mettere in campo uno può essere molto più efficace restando fuori che stando dentro là. Passi tanti di quei giorni interi e tante di quelle ore a non fare niente praticamente. Poi io non ho proprio l’ambizione dell’apparire cioè per me andare a fare la sfilata davanti a un drappello me ne scapperei via piuttosto di farlo. Poi faccio tutto… Ho una natura, la gente non lo pensa, ma in fondo sono stato editore tv per 15 anni e sulle mie televisioni credo di esserci andato due o tre volte. Ho l’idiosincrasia ad andare…Lo faccio perché sono costretto a farlo, ma appena potessi non farlo… E alla fine tutte le volte che mi vedo mi faccio schifo…».

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