Israele, alta tensione tra Netanyahu e l’esercito. Il portavoce Idf: «Distruggere Hamas? Impossibile. E sugli ostaggi va cambiata strategia»

L’attacco di Daniel Hagari in un’intervista tv: «Se non progettiamo qualcosa di diverso per Gaza, dopo la guerra tornerà Hamas»

Le divergenze di fondo tra le alte sfere dell’esercito israeliano e il governo guidato da Benjamin Netanyahu, rimaste per mesi “sommerse” sotto la coltre dell’unità nella guerra con Hamas, sono emerse negli ultimi giorni in modo sempre più esplicito e velenoso. E oggi, mercoledì 19 giugno, la tensione sembra aver toccato il suo apice, con dichiarazioni di rara durezza consegnate alla tv israeliana dal capo della comunicazione pubblica dell’Idf, il portavoce in capo Daniel Hagari. Il suo volto è diventato famigliare in questi mesi un po’ in tutto il mondo, e pure in Israele. Come quello di un duro, senza dubbio, ma anche di colui chiamato a porgere scuse o fare passi indietro quando l’Idf ha commesso errori tragici – come nel caso del bombardamento del convoglio umanitario di World Central Kitchen, lo scorso aprile. Hagari sembra ora voler spendere quel capitale di notorietà pubblica contro Netanyahu e il suo esecutivo. «Hamas è un’idea, un partito politico. È radicato nei cuori delle persone: chiunque pensi che si possa eliminarla si sbaglia», ha detto il militare in un’intervista a Channel 13. E di eliminarla, sradicarla parla apertamente da mesi proprio Netanyahu. Di più, ne ha fatto uno degli obiettivi centrali della guerra in corso. Idea che non sta in piedi, secondo il portavoce dell’Idf. «Quello che si può fare è sviluppare qualcos’altro che rimpiazzi Hamas. Qualcosa che convinca la popolazione che c’è qualcun altro a distribuire il cibo, a prendersi cura dei servizi pubblici: questa è la strada per indebolire davvero Hamas». Se così non sarà, «se non portiamo qualcosa d’altro a Gaza alla fine ci ritroveremo con Hamas».


Guerra di parole

Nell’intervista, ripresa da Haaretz, Hagari si è spinto fino a mettere in discussione la strategia del governo pure sul delicatissimo tema degli ostaggi. Pensare di riportarli tutti a casa tramite operazioni militari, come quella messa in campo meno di due settimane fa a Nuseirat, è semplicemente «impossibile», ha detto il capo della comunicazione dell’esercito, secondo cui Israele dovrebbe piuttosto «raggiungere uno scenario in cui gli ostaggi possano essere riportati a casa in altro modo». Leggi, pare di capire, tramite i negoziati. Un attacco diretto al cuore della strategia politico-militare e comunicativa di Netanyahu, che arriva dopo giorni di polemiche e “incomprensioni”. Domenica l’annuncio della pausa diurna nelle operazioni militari a Rafah aveva fatto imbufalire l’esecutivo, apparentemente all’oscuro della decisione dell’Idf. Quindi ieri uno stretto collaboratore del premier, Yaakov Bardugo, ha pubblicato un articolo in cui accusava il capo di stato maggiore dell’esercito, Herzi Halevi, di essere favorevole a una permanenza al potere di Hamas nella Striscia di Gaza: proposito bollato dal portavoce dell’Idf come «una totale e infondata bugia». Oggi il nuovo affondo dell’Idf per bocca di Hagari. Cui in serata non ha potuto fare a meno di replicare il diretto interessato. «Il gabinetto di sicurezza ha definito come uno degli obiettivi di questa guerra la distruzione della capacità militari e di governo di Hamas, e l’esercito è vincolato a ciò», ha fatto sapere gelido Netanyahu in una nota.


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