«L’Italia dovrà tagliare 10-12 miliardi all’anno per il Patto di stabilità. In calo il potere d’acquisto delle famiglie», la gelata dell’Upb

Il giudizio dell’Ufficio parlamentare di bilancio. Il commissario europeo Gentiloni, in un videomessaggio, esorta il governo a perseguire «politiche di bilancio prudenti»

La Manovra che sarà vagliata il prossimo autunno, relativa all’anno 2025, sarà la sfida principale per il governo Meloni. Il quale dovrà recuperare almeno 20 miliardi solo per confermare il taglio del cuneo fiscale, l’Irpef a tre aliquote e gli interventi compresi nelle cosiddette politiche invariate. Poi, altri 10-12 miliardi dovranno essere messi a Bilancio per la riduzione del debito, come richiesto dalle regole del nuovo patto di stabilità europeo. Alla presenza di Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, l’Ufficio parlamentare di bilancio ha presentato la propria relazione annuale. Le valutazioni sui conti dell’Italia e degli italiani, inclusi nel rapporto, sono particolarmente delicate per via XX settembre. Anche perché rivedono a ribasso le stime del Mef sul Pil: «La piena e tempestiva realizzazione degli interventi previsti dal Pnrr condurrebbe – nel 2026 -, a un livello del Pil più elevato di circa il 3% rispetto allo scenario di base, al di sotto di quanto stimato dal Mef di circa mezzo punto percentuale».


Serve una correzione annuale dello 0,5 – 0,6% del Pil per rispettare il nuovo patto di stabilità. Ovvero, un aggiustamento del disavanzo che dovrà essere attuato per sette anni. Questo significa che per prorogare le misure vigenti come appunto la decontribuzione o la rimodulazione delle aliquote irpef, il governo non potrà più ricorrere alla flessibilità sul deficit, ma dovrà individuare delle coperture idonee. Ovvero, anche per attuare la riforma fiscale e allentare la pressione di tasse e imposte, le nuove norme «dovranno trovare finanziamento all’interno del sistema fiscale stesso». Giorgetti ha dato seguito all’esortazione di Paolo Gentiloni, anch’egli presente, ma in videocollegamento. Il commissario europeo ha invitato alla prudenza sulle politiche di bilancio, anche perché l’Italia è tra i paesi che saranno sottoposti a procedura di infrazione per deficit eccessivo (assieme a Francia, Belgio, Ungheria, Malta, Polonia e Slovacchia). Il ministro ha condiviso la necessità di «mantenere un approccio responsabile nella programmazione e nella gestione del bilancio».


Calano le possibilità degli italiani

Ai conti dell’Italia, l’Ufficio parlamentare di bilancio affianca, nella relazione, uno sguardo sui conti degli italiani: «Dal 2014 al 2024, il potere d’acquisto perso per le famiglie va da 160 euro per i nuclei familiari con più di 3 figli a 328 euro per quelle con un solo figlio». L’analisi si sofferma anche sull’assegno unico e di come la sua introduzione abbia premiato soprattutto le famiglie numerose. Per il 20% delle famiglie più povere l’effetto «risulta invece comunque positivo» grazie all’estensione dei trattamenti per il sostegno dei figli ai nuclei che in precedenza non ne beneficiavano perché incapienti o non lavoratori dipendenti. «L’effetto di “svalutazione” dei benefici inizia a essere significativo dal terzo decile, facendo diminuire il vantaggio medio unitario dell’introduzione dell’assegno unico». Infine, per il 20% delle famiglie pià benestanti, il beneficio dell’assegno unico è negativo, se messo in relazione al valore rivalutato – a oggi – di quello che si sarebbe ottenuto applicando la normativa 2014. «Per queste famiglie l’effetto positivo delle modifiche normative non è tale da compensare quello negativo della perdita di potere d’acquisto».

Pensioni anticipate

L’Ufficio parlamentare di bilancio dedica un capitolo alle pensioni. Nello specifico, riguardo all’ammorbidimento dei requisiti previdenziali, «non appare plausibile che tali misure possano autofinanziarsi nel breve-medio periodo senza pesare sui saldi di bilancio, sottraendo risorse ad altri istituti del sistema di welfare». E dunque, non resta che pensare a un ricalcolo degli assegni. SI legge nella relazione: «Un’eventuale revisione dei requisiti di uscita verso un assetto flessibile con intervalli di età e anzianità entro cui il lavoratore possa scegliere, dovrebbe accompagnarsi all’applicazione di correttivi attuariali per gli assegni e le quote degli assegni basati sulle regole di calcolo retributive». L’Ufficio parlamentare di bilancio dà atto al governo di aver intrapreso questa direzione già nella legge di Bilancio 2024, «che ha rinnovato Quota 103 per un ulteriore anno, ma con la significativa modifica del ricalcolo contributivo degli assegni».

Le stime sul Pil e la frenata dell’edilizia

Non c’è una differenza marcata tra le proiezioni macroeconomiche dell’Ufficio parlamentare di bilancio e quelle del governo. Sono leggermente «più caute». L’Upb attende quest’anno una crescita del Pil dello 0,8%, un’accelerazione all’1,1% nel 2025 e poi una frenata nel 2026, allo 0,8%, e nel 2027, allo 0,6%. Un segnale del rallentamento è stato segnalato già nel secondo trimestre del 2024, rispetto al primo: alla debolezza sistemica dell’industria, si è aggiunta la contrazione del settore edile, probabilmente dovuta alla rimodulazione degli incentivi per il comparto residenziale. Persiste la crescita delle attività nei servizi, con una spinta che arriva dalla filiera del turismo.

Foto di Jason Goh da Pixabay

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