Satnam Singh, il teste accusa Antonello Lovato: «Si è fatto una doccia, ha lavato il pulmino e ha cercato due avvocati»
Mentre Satnam Singh detto Navi finiva schiacciato da un macchinario agricolo perdendo un braccio e fratturandosi le gambe, Antonello Lovato dell’azienda agricola Lovato in via del Passo a Borgo Santa Maria in provincia di Latina «non era in preda alla paura». Anzi. E dopo aver scaricato il corpo di Navi davanti casa sua si è fatto una doccia, ha lavato il pullmino dal sangue di Navi e ha cercato due avvocati. Anche se la moglie Alisha detta Soni lo aveva pregato di portare il marito in ospedale. A dirlo è un testimone che ha trascorso il pomeriggio di ieri a parlare con i carabinieri. La procura di Latina accusa il figlio di Renzo Lovato di omicidio colposo, omissione di soccorso e violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro. Mentre la moglie ha confermato che a tutti sono stati tolti i cellulari per evitare che si chiamassero i soccorsi.
La quattordicesima ora
La Repubblica oggi ricostruisce cosa è successo negli ultimi momenti prima dell’incidente. Che è avvenuto nell’azienda da due milioni di euro di fatturato dei Lovato. Nella strada sterrata, sotto gli alberi che delimitano la proprietà. Sono le 17,20 di lunedì 17 giugno. Due squadre di otto persone, tutti indiani, sono nella loro quattordicesima ora di lavoro dall’inizio della giornata. Il trattore tira la macchina avvolgi-plastica, il braccio di Navi finisce incastrato dagli ingranaggi. E arriva l’amputazione.
Renzo Lovato ha detto che il figlio aveva avvisato il lavoratore di non avvicinarsi al mezzo: «Ma lui ha fatto di testa sua. È stata una leggerezza, purtroppo. Che è costata cara a tutti». Il cugino di Lovato, che abita da quelle parti, ricostruisce: «Antonello si è fatto prendere dal panico. Ha visto quel sangue, la moglie di Navi che urlava ‘a casa, a casa’. L’ha portato lui in furgone e ha atteso che arrivasse l’ambulanza. È stato il caporale indiano a convincerlo a lavare il pullmino».
Il testimone
Una ricostruzione che cozza con quella di un testimone indiano che era lì in quel momento e ha parlato con i carabinieri. «Il signor Lovato non era in preda alla paura. Ha trovato il tempo di spegnere la macchina agricola, caricare il corpo di Satnam sul furgone, abbandonarlo davanti a casa. È andato a farsi una doccia, ha lavato il pullmino e cercato due avvocati. La moglie di Navi lo aveva pregato di portarlo in ospedale», sono le parole riportate da Repubblica e dette ai carabinieri.
Mentre secondo altre testimonianze avrebbe anche lasciato un pezzo del braccio (l’altro non si trova) in una cassetta della frutta tra i rifiuti. Ilario Pepe, saldatore, che ospitava Satnam e Soni in via Genova, aggiunge altri dettagli: «La moglie urlava “mio marito si è tagliato” e non capivamo. Ho incorso Lovato che andava via per chiedergli spiegazioni e ho capito che non voleva aiutarlo: “Non è in regola”, mi ha detto. Poi ho visto Satnam che a stento respirava, credevamo fosse morto ma poteva essere salvato»
La versione dei Lovato
La versione dei Lovato è differente. Proprietaria di terreni e di altri interessi in zona, dice che Navi veniva pagato otto euro e mezzo l’ora e non quattro. Non era in regola con il lavoro «solo perché non aveva i documenti. Stavamo cercando di sanarlo». Satnam Singh era arrivato da Napoli. Sbarcando in Italia dopo una traversata sul Mar Mediterraneo. Fernando e Silvano sono due volontari cattolici che si occupano dei migranti in zona. Sono cresciuti con Renzo Lovato: «È uno dei pochi che ha resistito nell’agricoltura. Lo conoscevamo come una brava persona, ma quello che ha fatto il figlio è disumano». Il collega pensionato, che si professa di destra, dice: «In queste campagne si pratica lo schiavismo, ma è il prezzo che si deve pagare se non vogliamo le zucchine a 9 euro il chilo. I diritti costano a tutti».
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