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Il prof d’arte che molestava le alunne: «Ha messo una matita tra le natiche di una ragazza»

21 Giugno 2024 - 07:45 Redazione
tribunale torino
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Il processo d'appello al tribunale di Torino. In primo grado 400 euro di multa

Un docente di pittura di un istituto tecnico di Torino è nei guai per molestie sessuali. In primo grado è stato assolto dall’accusa di aver commesso cinque violenze nei confronti di studentesse. Il reato è stato riqualificato in molestie ed è stato condannato a pagare 400 euro di multa. Ora si è aperto l’appello, dove saranno ascoltate le ragazze che lo hanno denunciato. Le prime tre, racconta l’edizione torinese di Repubblica, sono state sentite ieri. E hanno raccontato che il professore, passando dietro al banco di un’allieva in quel momento chinata, le avrebbe inserito tra le natiche una matita e un fazzoletto. E quando lei è arrossita le ha chiesto se diventasse rossa anche durante gli atti intimi. A un’altra avrebbe detto: «Perché sei lesbica? Sei sprecata». Poi le ha passato un pennello sul viso e sulla guancia.

I fatti

I fatti risalgono al 2020-2021: nel capo d’accusa la pm Delia Boschetto aveva inserito come violenza sessuale anche il fatto di «essere passato dietro al banco di un’allieva e di averle toccato i capelli, giocando con la sua coda di cavallo». A un’altra ragazza che indossava una maglia a rete, tre mesi dopo, avrebbe detto che quell’abbigliamento «gli provocava istinti sessuali». Poi le frasi sconce e le chat e i video a sfondo sessuale anche nella chat di classe. Oltre agli sguardi che indugiavano sui seni con frasi tipo «che bel paesaggio» o «che belle colline».

Una sarebbe stata vittima di un imbarazzante paragone tra le «sue mammelle» e quelle di un cane. La sentenza di primo grado spiega che non si tratterebbe di violenza sessuale perché non ci sarebbero state «modalità costrittive»: «Non è sufficiente compiere attività con connotazione sessuale ma è richiesto che queste siano commesse con specifiche modalità in grado di annientare le resistenze di chi le subisce, o di indurre al rapporto con abuso o inganno». Ora la parola passa ai giudici dell’Appello.

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