Filippo Turetta, l’ammissione nell’interrogatorio: «Ero già stato violento con Giulia». Il coltello rotto nell’omicidio e poi la crisi

Ai pm il 22enne ha parlato anche dei violenti litigi avuti con la sua ex fidanzata. Nell’interrogatorio ha poi ricostruito che cosa sia successo la notte in cui ha ucciso Giulia Cecchettin

C’era stato un precedente di violenza tra Filippo Turetta e la sua ex fidanzata Giulia Cecchettin, prima che la uccidesse con decine di coltellate. A raccontarlo è proprio il 21enne, nel corso dell’interrogatorio dello scorso dicembre davanti al pubblico ministero di Venezia Andrea Petroni (di cui in queste ore sono emersi nuovi particolari): «Forse a fine ottobre c’eravamo alterati un po’ più del solito — ha detto Turetta al pm, secondo quanto riporta il Corriere della Sera — parlando dei motivi per cui ci eravamo lasciati (…). Io ero molto arrabbiato e le ho dato uno schiaffo su una coscia. In quel momento eravamo in un parcheggio a Padova davanti ad una gelateria. Lei è subito uscita dall’auto e se ne è andata via».


«Le avevo detto che mi sarei suicidato»

Non fu l’unica volta: «In un’occasione parlando di lasciarci abbiamo discusso e ad un certo punto lei voleva andare via. Io l’ho afferrata per un braccio per fermarla», ha raccontato ancora Turetta. La violenza non era stata solo fisica, ma anche verbale: «C’erano state un paio di litigate pesanti, intorno a marzo soprattutto via messaggio — continua Turetta nell’interrogatorio —. Io non avendo superato un esame importante avevo cominciato a scriverle chiedendo che mi aiutasse nel ripasso, lei non voleva perché aveva altri impegni. Io le avevo detto che se non avessi superato l’esame mi sarei suicidato. Mi è scappato anche qualche insulto perché non riuscivo a controllarmi per la rabbia, le ho detto “maledetta stronza, idiota” e anche “guarda che non ce la faccio, mi faccio del male”».


La notte dell’omicidio

Nella documentazione stenografica delle dichiarazioni rese da Turetta lo scorso 1 dicembre, si parla anche dei momenti immediatamente precedenti all’omicidio. Quella sera di novembre, Giulia era reduce da una passeggiata di shopping: era andata al centro commerciale per scegliere i vestiti della Laurea che avrebbe dovuto conseguire la settimana successiva. Filippo si offrì di riaccompagnarla a casa. Una prima aggressione avvenne a Vigonovo, a 150 metri da casa della giovane donna. «Eravamo — spiega Turetta al pm — in un parcheggio vicino a casa sua. Altre volte abbiamo parcheggiato lì quando la riportavo a casa per non parcheggiare sotto casa sua per non farci vedere». 

Il tentativo di fuga

Da quella macchina, Giulia provò a scappare. Invano. «Prima di uscire anch’io dall’auto, ho preso un coltello dalla tasca posteriore del sedile del guidatore l’ho rincorsa — ha detto Turetta — l’ho afferrata per un braccio. Lei urlava “aiuto” ed è caduta. Mi sono abbassato su di lei, le ho dato un colpo sul braccio e il coltello si è rotto. Ha sbattuto la testa. L’ho caricata sul sedile posteriore. Mentre eravamo in macchina lei ha iniziato a dirmi “Cosa stai facendo? Sei pazzo? Lasciami andare”». 

Il cellulare

I fendenti letali avvennero nella zona industriale di Fossò. Dopo aver sferrato i colpi, Turetta si sbarazzò del coltello incriminato. Ma dopo aver caricato nell’auto il corpo di Giulia, ormai morente, la macchina rimase ferma 2-3 minuti sulla strada. Questo perché l’omicida, secondo quanto ha dichiarato, non riusciva a trovare il cellulare della ragazza. «Ho gettato il coltello, il suo telefono, e il tablet mio non molto dopo Fossò, in un piccolo fossato di una strada laterale». Il computer, invece, «l’ho messo fuori dalla macchina, in una strada di Aviano». Turetta racconta anche di aver tentato il suicidio: «Ero pronto anche a soffocarmi con un sacchetto. Ma non sono riuscito e l’ho strappato all’ultimo».

Foto: frame da Quarto Grado, Rete4

Leggi anche: