House of The Dragon: la guerra dinastica realmente accaduta che ha ispirato la serie tv

Il prequel di Game of Thrones ripropone in chiave fantastica quanto avvenne in Inghilterra nel 12esimo secolo, alla morte del re Enrico I

Una sveglia è suonata nella notte tra domenica 16 giugno e lunedì 17 per i fan del Trono di Spade: in esclusiva su Sky Atlantic (e in streaming su Now) è infatti sbarcata l’attesa seconda stagione di House of the Dragon, il prequel della fortunatissima saga di George R. R. Martin. Stasera, l’attesissima nuova puntata. «Non importa quante cose ho inventato. Ci sono cose accadute nella storia che sono altrettanto sanguinose, o peggio», ha dichiarato l’autore. E il conflitto intestino che colpisce la dinastia dei Targaryen, al centro degli episodi di questo nuovo capitolo, sembra essersi ispirato proprio a una storia vera: quella che vede protagonista Matilda, figlia di Enrico I d’Inghilterra e imperatrice del Sacro Romano Impero dal 1114 al 1125.


La seconda stagione

I draghi sputafuoco saranno pure creature squisitamente inventate, ma la lotta per il potere (che è, di fatti, il cuore pulsante del fantastico emisfero della saga) ha riferimenti storici ben precisi. Avevamo lasciato i protagonisti di HOTD alle prese con la crisi seguita alla morte del vecchio re Viserys I: l’erede principale, Rhaenyra (Emma D’Arcy), deve fronteggiare i tre figli del re, i suoi fratellastri nati dal secondo matrimonio del sovrano. Lo scontro dà vita a una sanguinosa guerra civile, il cui montepremi è nientedimeno che il Trono dei Sette Regni. Un copione che agli storici darà qualche dejà-vu, soprattutto se hanno approfondito l’Inghilterra del 12esimo secolo.


La storia

All’epoca non c’era Re Viserys, ma Enrico I. Tanto perspicace quanto privo di scrupoli, passò alla storia anche per la sua prolifica attività di amatore, che aveva portato alla nascita di oltre 25 figli (secondo le stime degli esperti). Quelli legittimi, però, erano soltanto due. Guglielmo, detto Adelin, e Matilda. Il primo, neanche a dirlo, avrebbe dovuto essere l’erede naturale al trono, e tutto sembrava procedere senza intoppi verso questo esito. I piani, però, vennero stravolti una notte nell’inverno del 1120. Il 25 novembre, per la precisione: Guglielmo viaggiava a bordo della Nave Bianca, insieme a circa 140 nobili e un generoso equipaggiamento di vino. I passeggeri, forse spinti dall’alcol ingerito, intentarono una gara di velocità contro la nave a bordo della quale viaggiava il re.

La morte di Guglielmo

Il tentativo finì in tragedia: l’imbarcazione colpì alcune rocce sommerse e naufragò. Guglielmo, secondo quanto venne raccontato in seguito, avrebbe potuto salvarsi: aveva raggiunto una scialuppa di salvataggio, ma tornò indietro dopo aver sentito le grida della sua sorellastra, Matilda. La giovane sopravvisse, il principe trovò la sua tomba sul fondo del mare. Quando il re venne a saperlo, raccontano le cronache, cadde con la faccia a terra, iniziò a piangere in modo incontrollato e si strappò la barba. Pochi anni dopo, sarebbe iniziato il periodo passato alla storia con il nome di «Anarchia».

L’imperatrice Matilda

Così come il personaggio di Rhaenyra, Matilda era brillante. Ancora bambina fu promessa in sposa all’imperatore del Sacro Romano Impero: da adolescente, governò l’Italia per suo conto. Le sue capacità e il sangue blu, però, non compensavano agli occhi della classe dirigente dell’epoca il suo più grande svantaggio: quello di essere una donna. Per questo quando suo padre morì avvelenato, nel 1135, si vide il trono sottratto da suo cugino, Stefano di Blois. Che indossò la corona fino al 1154, ma senza riuscire mai a regnare davvero: la sua autorità reale era nella migliore delle ipotesi frammentaria e in alcune zone del paese totalmente assente.

La lotta per il potere

Matilda prese possesso del Sud-ovest dell’Inghilterra, compresa una buona parte della valle del Tamigi, mentre Stefano rimase in controllo del Sud-est. Il resto finì in pasto ai baroni ribelli. Saccheggi, battaglie, ricatti e assedi divennero la quotidianità. I contemporanei documentarono un barbarico crollo della legge e della morale: gli annali della Cronaca anglosassone parlano di un periodo in cui «Cristo e i suoi santi sembravano dormire». Tra le pratiche comuni, per esempio, vi era quella di lasciare i prigionieri al sole cosparsi di miele, per farli aggredire dagli insetti. Mercenari come Robert FitzHubert si compiacevano di aver assistito all’uccisione di «monaci che bruciavano assieme alle loro chiese».

L’epilogo

Lo storico Enrico di Huntingdon descrisse dettagliatamente le atrocità degli scozzesi, che approfittarono del caos e invasero il nord dell’Inghilterra: «Sventrarono donne incinte, gettarono bambini sulla punta delle loro lance, massacrarono preti sugli altari». La sanguinaria spaccatura che caratterizzò il regno di Stefano passò alla storia come la “Guerra dei cugini”. O, appunto, “L’anarchia”. Il suo epilogo arrivò solo quando Stefano accettò di riconoscere come legittimo erede il figlio di Matilda, chiamato Enrico in onore del nonno. In cambio, chiese e ottenne la pace. Iniziò un lungo periodo di ricostruzione dopo quasi venti anni di una guerra civile così truculenta da continuare a fornire materiale per gli scrittori anche a distanza di un millennio.

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