La rete dei caporali dietro la morte di Satnam Singh, dalle finte società ai funzionari corrotti: così tutti sapevano come reclutare braccianti in nero

Almeno dal 2016 le autorità giudiziarie dell’Agro Pontino indagano sul «sistema Latina». Il ruolo delle organizzazioni criminali e degli uffici dello Stato che chiudono un occhio

Dietro la tragedia della morte di Satnam Singh c’era quello che ormai viene definito il «modello Latina». Un sistema da anni ben collaudato, di cui si servirebbero diversi imprenditori soprattutto nel campo agricolo per reclutare manodopera straniera a basso costo aggirando la legge Bossi-Fini. Lo sanno bene gli oltre 30 mila indiani Sikh che lavorano nei campi in provincia di Latina, così come le autorità giudiziarie, che sul fenomeno indagano ormai da tempo. Lo dimostra per esempio l’indagine per «intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro» a carico del padre di Antonello Lovato, l’imprenditore indagato per omicidio colposo e omissione di soccorso dopo la morte di Singh. Come ha rivelato il TgLa7, dal 2019 era in corso l’indagine per caporalato sul titolare della Cooperativa Agrilovato. Lo stesso che al Tg1 aveva detto che il bracciante indiano morto e abbandonato senza un braccio davanti a casa sua aveva «commesso una leggerezza» e che gli aveva detto di «stare attento» all’avvolgitore che lo ha ferito. Macchinario di cui, scrive La Verità, non c’è traccia nei documenti contabili dell’azienda.


Tutti sapevano da anni

Ci sono fascicoli di indagine aperti almeno dal 2016 su un vasto sistema di caporalato e sfruttamento dei lavoratori clandestini in provincia di Latina. Spesso con la complicità di funzionari pubblici. Come ricostruisce Il Sole 24 ore, gli approfondimenti degli inquirenti hanno fatto emergere finora una serie di figure in grado di reclutare la manodopera richiesta dagli imprenditori di Latina, anche grazie a un sistema di società fantasma, che non hanno quindi attività reali, sfruttate esclusivamente per portare i lavoratori stranieri in Italia sfruttando i vari decreti Flussi.


Le società fantasma

In un recente dossier dei Carabinieri di Latina inviato alla Prefettura emerge come «lo sfruttamento dei lavoratori punjabi dalle aree di origine all’Agro Pontino, organizzato mediante catene migratorie, è capace di offrire al momento del reclutamento un intero pacchetto di servizi comprensivo di costi di trasferimento, accoglienza all’arrivo, con alloggio incluso, inserimento al lavoro o perlopiù nel settore agroalimentare». Un meccanismo che va avanti da almeno 30 anni secondo i militari. Con il primo reato che parte proprio dalla richiesta di denaro degli intermediari ai lavoratori che vogliono arrivare in Italia. A loro viene chiesto di pagare fino a 20 mila euro a persona. Una cifra che spesso costringe intere famiglie a indebitarsi anche a vita, per estinguere il debito. E in queste condizioni, denunciare lo sfruttamento del caporalato diventa ancora più complicato per le vittime, sempre a rischio di espulsione.

La criminalità organizzata e i funzionari corrotti

Da tempo anche i sindacati denunciano il fenomeno dietro cui i militari sospettano ci sia anche la criminalità organizzata. Attraverso la creazione delle società fantasma, sfruttando il clic day del decreto flussi i lavoratori vengono chiamati in Italia. E una volta arrivati, vengono «girati» all’interno delle reti aziendali, senza la necessità di fare nuovi contratti. Oppure le aziende rinunciano entro sei mesi dalla chiamata al lavoratore, che dopo aver abbandonato il suo Paese viene reclutato in nero nella rete delle aziende agricole. Sono queste il principale soggetto di indagine, aiutate anche dagli uffici dello Stato. Così continua la relazione dei Carabinieri: «Gli impiegati o funzionari corrotti o corruttibili appartenenti alla Pubblica amministrazione per la fornitura di atti amministrativi su richiesta di imprenditori agricoli locali disonesti». Da un lato quindi ci sono i caporali, anche indiani, dall’altro gli impiegati corrotti, a formare un sistema ormai collaudato.

Come arrivano i lavoratori stranieri in Italia

Stando a quanto scrivono i carabinieri, citati dal Sole 24 ore, gli imprenditori per ottenere manodopera a basso costo si rivolgono al mercato internazionale grazie a «organizzazioni specializzate a soddisfare il suo peculiare bisogno occupazionale». Un sistema particolarmente presente nell’Agro Pontino, in particolare nei Comuni di Sabaudia, San Felice Circeo, Terracina, Fondi e delle zone limitrofe al Comune di Latina. I militari hanno individuato i vari ruoli che compongono le organizzazioni criminali. A cominciare dal «caponero», che organizza le squadre e il trasporto. C’è il «tassista», che si occupa del trasporto. Il «venditore», che mette insieme le squadre e la vendita di beni di prima necessità a prezzi elevati. Poi c’è «l’aguzzino», che con la violenza sistematica sottrae i documenti agli immigrati con l’obiettivo di tenerlo costantemente sotto ricatto. C’è poi il «caporale», a capo di tutta l’organizzazione. E infine «l’uomo fidato», che per conto dell’imprenditore si occupa dell’intera campagna di reclutamento e ha i contatti con l’organizzazione criminale.

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