Ilaria Cazziol, freelance che lavora online: «Mi sono licenziata per essere libera di viaggiare»

«Il camper è diventato il comune denominatore della nostra libertà. Abbiamo fatto un viaggio di 6 mesi in Asia»

Ilaria Cazziol, 33 anni, copywriter specializzata in Seo, è autrice del libro “Destinazione viaggio” sui nomadi digitali. Insieme al suo compagno Marco Mignano è pronta a partire per nuove destinazioni, grazie al fatto che il suo lavoro si svolge on line: «Dopo la laurea in lingue e il master in marketing alla Bocconi ho cominciato a lavorare a Milano, in una società di comunicazione. Ma nel 2017 mi sono licenziata: per me era molto importante avere questo tipo di libertà, volevo viaggiare». A quel punto «il camper è diventato il comune denominatore della nostra libertà. Abbiamo fatto un viaggio di 6 mesi in Asia: siamo stati in Russia, Mongolia, Cina, Giappone, Nepal, India e Thailandia. E dopo in molti altri posti, tra i quali Giordania, Panama, Spagna, Andalusia. Spesso in coppia, ma anche da sola, come in Marocco».


Freelance

Ilaria, spiega in un’intervista a Repubblica, è una freelance: «Dopo una fase di assestamento, durante la quale ho dovuto costruire la fiducia nei miei confronti, poi tutto è andato crescendo. Con ovvia interruzione durante il Covid, ma adesso il mercato sta cambiando di nuovo, con l’intelligenza artificiale. Nel complesso, noi diciamo spesso che la libertà è inversamente proporzionale alla sicurezza. Anche se oggi non è più così vero: ci sono sempre più aziende che sposano il lavoro da remoto». Anche se «in Italia ci sono molte questioni che rendono il nomadismo digitale difficile. All’estero c’è più consapevolezza, ci sono più opportunità lavorative. I nomadi digitali sono soprattutto americani, israeliani, tedeschi».


In Thailandia

Infine, Ilaria spiega dove si è trovata meglio: «Noi siamo stati poco negli hub dei nomadi digitali, di solito preferiamo lavorare nel nostro camper, nella natura. Ma ci siamo trovati molto bene a Chiang Mai, in Thailandia, dove c’è una comunità molto attiva di nomadi digitali. Come a Lisbona, del resto, dove molti sono stati attratti dagli sgravi fiscali. Penso che però l’Italia dovrebbe puntare invece su una maggiore integrazione con le comunità locali, e ai piccoli borghi, piuttosto che alle grandi città già sovraffollate».

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