Sfila per scherzo la sedia alla compagna di classe e finisce in ospedale, il giudice condanna i genitori: «Non hanno saputo educarla»
Il Tribunale di Firenze ha condannato i genitori di una studentessa di una scuola di Impruneta per «inadeguatezza dell’azione educativa». Nove anni fa, la ragazzina si era resa protagonista di uno scherzo finito male ai danni di una compagna di classe. All’epoca 13enne, aveva sfilato la sedia dell’amica mentre questa stava per sedersi. La vittima dello scherzo era caduta rovinosamente per terra. E aveva riportato un trauma cranico e danni ai denti, dopo che nella caduta aveva battuto contro il muro e il pavimento. Quello stesso giorno era stata ricoverata all’ospedale Meyer di Firenze, dove era stata sottoposta a cure odontoiatriche, oculistiche e per il trauma cranico subito.
La condanna per i genitori
Come ricostruisce il Corriere Fiorentino, dopo quella vicenda, i genitori della vittima hanno denunciato la scuola e i genitori della studentessa autrice dello scherzo. Al processo i legali che assistevano i famigliari della 13enne hanno cercato di dimostrare che i traumi sarebbero stati solo conseguenza di una «gioiosa contesa tra due amiche», non avendo mai avuto la ragazza intenzione di recare danno alla compagna di classe. Ma i giudici non l’hanno vista alla stessa maniera. L’assicurazione della scuola ha dovuto risarcire la vittima dello scherzo con 2.800 euro per danni fisici. In più i genitori della 13enne sono stati considerati responsabili del comportamento della figlia. E sono stati condannati a pagare 5 mila euro come risarcimento per i danni morali e sofferenza emotiva.
Nelle motivazioni della sentenza, il giudice di Firenze ha considerato colposa la condotta della ragazzina autrice dello scherzo, che non poteva essere giustificato in un’ottica di gioco. Per il giudice l’età delle studentesse superiore ai 12 anni era sufficiente perché fossero in grado di comprendere quali sarebbero state le conseguenze delle proprie azioni. Ma secondo il tribunale, i veri responsabili sarebbero stati i genitori, che erano tenuti a educare i propri figli e insegnare loro il comportamento adatto in un contesto scolastico. Per il giudice, le modalità del fatto «dimostrano l’inadeguatezza dell’azione educativa del genitore e dunque la sua responsabilità».
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