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Il fratello di un indagato a Pescara: «Per Thomas ho pianto. Ora mio fratello deve pagare per quel massacro»

25 Giugno 2024 - 21:27 Redazione
Al Tg1 Simone, 18 anni, prova a scusarsi con la famiglia del 17enne accoltellato dal fratello e un coetaneo di 16 anni

«Mio fratello è accusato di questo massacro e se ha sbagliato dovrò pagare» dice Simone, 18 anni, fratello di uno dei sedicenni indagati per l’omicidio di Thomas Christopher Luciani a Pescara. Ai microfoni del Tg1, il ragazzo prova a scusarsi con la famiglia del 17enne, che sarebbe stato ucciso con 25 coltellate per un debito di circa 250 euro: «Noi chiediamo scusa alla famiglia e gli staremo vicini. Non si meritavano assolutamente questo». Il 18enne ha spiegato che il primo pensiero in questo momento va innanzitutto alla vittima: «Ho pianto un sacco per Thomas. Voglio dire che a me e alla mia famiglia dispiace in primis per lui, perché non c’è più». E nega che in famiglia si potesse solo immaginare che suo fratello fosse coinvolto nello spaccio di stupefacenti: «Assolutamente no, è una cosa che non ci spieghiamo». E per suo fratello non chiede nessun tipo di indulgenza: «È pur sempre mio fratello, gli vorrò bene però paghi il giusto per quello che ha fatto. Ha bisogno di fare gli anni negli istituti dove può essere aiutato. Non chiediamo sconti, crediamo nella giustizia». Simone dice che da quando ha scoperto che il fratello è indagato per omicidio sta «vivendo l’inferno. Mio fratello è accusato di questo massacro e se ha sbagliato dovrà pagare».

Gli indagati

Per l’omicidio di Thomas Luciani sono indagati due ragazzi di 16 anni. Uno è figlio di un comandante dei carabinieri di una stazione locale. Un altro è figlio una nota avvocata pescarese. A permettere il ritrovamento del corpo del 17enne era stato un ragazzo, che si trovava assieme ai due indagati la sera dell’omicidio. Agli inquirenti, il 16enne ha detto di essere «rimasto attonito e no ho avuto la forza di reagire, quando poi ci siamo ricongiunti al resto del gruppo tutti hanno saputo che era successo perché io, giunto per primo, l’ho raccontato. Nonostante l’accaduto, siamo andati al mare a fare il bagno».

«Dicevano a Christopher “stai zitto”»

Quando il 16enne sentito come testimone è tornato a casa, dopo circa tre ore dall’omicidio, ha raccontato tutto ai genitori, che hanno chiamato le forze dell’ordine. Davanti a quella vicenda, il ragazzo racconta cosa ha fatto mentre Thomas veniva accoltellato: «Io non ho reagito in alcun modo. Christopher faceva dei versi quasi di morte e loro gli dicevano di stare zitto. Lui era a terra, con una gamba accavallata all’altra, ripiegato per terra, esposto ai colpi sul fianco destro». E poi ha aggiunto: «Io ero davvero frastornato ed ho capito che non era qualcosa che potessi tenere per me e quindi ne ho parlato» con il padre, che poi ha lanciato l’allarme.

«Ci hanno detto “è morto” e siamo andati al mare»

Il ragazzo ha poi mostrato agli inquirenti i messaggi che si è scambiato con un altro ragazzo del gruppo. In quei messaggi «si parla della necessità di denunciare l’accaduto». Il testimone ha poi raccontato che quando il suo amico è uscito dalla vegetazione «era completamente giallo in viso». Un altro ragazzo ha spiegato: «Mi accorgo che è completamente scioccato… gli chiediamo che cosa sia successo e lui ci dice “è morto”. Dopo poco escono dal vicolo» anche i due ragazzi indagati. «Non ricordo le parole preciso che hanno detto – ha spiegato un testimone – ci hanno fatto capire che è morto e che lo avevano accoltellato».

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