Bolivia, il golpe è fallito: i soldati rinunciano all’assedio dopo la nomina del nuovo capo dell’esercito. Cos’è successo – Foto e video

Ore di caos e tensione dopo l’irruzione dei reparti agli ordini di Juan José Zuñiga nella sede del governo. Poi la svolta

Sembra essere stato sventato il tentato colpo di Stato militare posto in essere nel pomeriggio di martedì. Poco prima delle 16 (le 22 in Italia) alcuni reparti dell’esercito hanno preso d’assalto il palazzo del governo dove si trovava lo stesso presidente Luis Arce con i suoi ministri. Immagini trasmesse in diretta dall’emittente Telesur hanno mostrato decine di soldati arrivare a passo forzato e poi un blindato abbattere il portone principale del palazzo agli ordini del comandante dell’esercito (appena destituito) Juan José Zuñiga, entrato egli stesso all’interno dell’edificio accompagnato da soldati armati e con il volto coperto. «Basta, il Paese non può andare avanti così», ha detto in una breve dichiarazione alla stampa prima di fare irruzione Zuñiga, annunciando presto l’insediamento di un nuovo governo. Ne sono seguite ore di grande tensione e incertezza, con il vicepresidente, David Choquehuanca, che già denunciava all’intera comunità internazionale il «colpo di Stato» in atto contro il governo eletto di La Paz, mentre dal resto dell’America Latina giungevano i messaggi di condanna dai leader di Paesi come Argentina (Alberto Fernandez) e Cile (Gabriel Boric), e dall’Ue quello dell’Alto rappresentante per la politica estera Josep Borrell.


La mediazione

Dentro al palazzo di La Paz, tuttavia, il presidente Arce ha trovato la forza e i mezzi – a quanto sembra a tarda sera – per riportare la situazione sotto controllo. Arce ha infatti nominato nuovi vertici delle forze armate – Zúñiga era stato destituito il giorno prima – e il nuovo comandante dell’esercito, il generale Jose Wilson Sanchez Velasquez, ha immediatamente ordinato a tutti i militari che si trovavano nelle strade del Paese di fare ritorno nelle caserme, e subito dopo il giuramento ha intimato a Zúniga di desistere dal tentativo di golpe ed «evitare lo spargimento di sangue» dei soldati. Un appello che ha avuto esito, a quanto sembra: secondo quanto riferisce l’Ansa, i militari dispiegati nella piazza Murillo, dove si affacciano i principali palazzi della democrazia boliviana, hanno subito dopo iniziato a smobilitare, mandando a monte il possibile progetto di golpe. «Salutiamo i militari che portano l’uniforme con orgoglio, diversi da quelli che ripetono la storia cercando di fare un colpo di stato quando il popolo boliviano è sempre stato democratico», ha reagito con sollievo Arce, felicitandosi del fatto che «la nuova nomina dovrebbe placare gli appetiti incostituzionali» e invitando la popolazione a mantenere la calma. Lo stesso generale Zúñiga ha infine abbandonato il palazzo e la zona dei palazzi di governo.


Lo scontro al vertice e il ruolo di Morales

L’azione violenta dei militari – di una sua parte, resta da capire quanto rilevante – è arrivata all’indomani della destituzione di Zúñiga dal ruolo di comandante dell’esercito. Mossa che a sua volta il governo aveva deciso dopo che questi aveva proferito pesanti minacce all’indirizzo del governo socialista in carica e dell’ex presidente, ancora molto influente nel Paese, Evo Morales. «Non può tornare a essere presidente di questo Paese», aveva detto minaccioso Zúñiga lunedì alla televisione, dicendosi pronto a intervenire per evitare tale scenario e ricordando come le forze armate boliviane sono «il braccio armato del popolo e della patria». Proclama incendiario cui lo stesso Morales aveva risposto a stretto giro, parlando di minacce «inaudite in democrazia» tali da prefigurare lo scenario più nefasto: «La nostra democrazia è ora più che mai in pericolo», aveva ammonito. Indovinando ciò che sarebbe accaduto meno di 48 ore più tardi.

Le reazioni internazionali

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