Consiglio Ue, la replica di Meloni: «Scelta top jobs non è democratica». Da Conte a Schlein, per l’opposizione parlano i leader

Durissimi gli interventi dai banchi del centrosinistra, che accusano Meloni di «essere stata marginalizzata» nelle trattative a Bruxelles

Presentate sette risoluzioni, alla Camera, sulle comunicazioni di Giorgia Meloni alla vigilia del Consiglio europeo. Prima del voto, la presidente del Consiglio replica agli interventi dei deputati. Iniziando dalla Dem Marianna Madia: «Nutro una sincera simpatia personale per la collega – afferma Meloni -, perché è riuscita a dire meglio di me quello che cercavo di spiegare. La ragione per la quale oggi c’è un accordo tra tre forze politiche per le tre alte cariche Ue, dice Madia, è che le tre prime forze politiche sono Popolari, Socialisti e Liberali. È la democrazia. Ma ci si dimentica un particolare, che la terza forza ora non sono i Liberali, ma i Conservatori. Oggi quindi si sceglie di stabilire che il meccanismo frutto delle elezioni non va più bene, perché oggi il terzo gruppo non piace a chi decide di fare questa scelta. Ma la democrazia sarebbe una cosa diversa, e dovrebbe rispecchiare l’indicazione dei cittadini».


«La scelta dei top jobs non rispecchia l’indicazione democratica»

Si starebbe consumando, dunque, uno strappo democratico sulla trattativa per i top jobs. E aggiunge che trovare un accordo sui vertici europei «non vuol dire avere una maggioranza solida – al Parlamento europeo -. Vedremo nel corso della legislatura». Il capo dell’esecutivo italiano attacca poi il Partito democratico, respingendo al mittente le accuse di ambiguità: «Sono seconda ad altri in tema di ambiguità. Chiederei al Pd se la posizione espressa da alcuni vostri candidati di sciogliere l’Alleanza atlantica sia la posizione del partito». E ancora: «Io l’Italia la schiero con l’Italia. La schiero dove sta l’interesse nazionale. Sono fiera che sia finita la stagione dove l’Italia sia schierata dove interessa al Pd».


Il rapporto con Orban: «Non ci sono amici o nemici, ma interlocutori»

Meloni scansa le polemiche per la sua vicinanza alle idee di Viktor Orban – risale a due giorni fa, il 24 giugno, il bilaterale a Palazzo Chigi -, sostenendo che «la politica estera all’interno della Ue non è fatta di amici e nemici. Noi, qualche avversario ce lo abbiamo ma fuori dai confini europei, e se continuiamo a ragionare in ottica autoreferenziale saremo sempre più deboli. Per me ci sono solo interlocutori». E smentisce le posizioni filorusse attribuite a Budapest: «Non è vero che l’Ungheria blocca qualsiasi cosa che riguarda l’Ucraina, non mi risulta». La presidente del Consiglio conclude auspicando che l’Aula le dia un mandato «per continuare a chiedere un cambio di passo sulle priorità dell’Ue, un mandato a lavorare perché all’Italia venga riconosciuto il ruolo che le spetta – e chiude -. Madia diceva si sperare in un ruolo importante come lo è ora. Io dico, francamente, che spero di riuscire a fare meglio».

Le risposte dei leader dell’opposizione

Appena terminato l’intervento di replica, Meloni abbandona la Camera per andare al Quirinale, dove si tiene il tradizionale pranzo di lavoro con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e i ministri competenti in materie europee. Iniziano così le dichiarazioni di voto dei deputati. Le opposizioni schierano i leader di partito. Per +Europa, interviene il segretario Riccardo Magi: «Ci aspettavamo indicazioni della presidente del Consiglio in vista di un decisivo Consiglio Ue per il futuro delle istituzioni europee. Abbiamo invece ascoltato il comizio della leader del partito dei Conservatori, molto conservatori e poco riformisti europei. Meloni non ha espresso una prospettiva per l’Europa e per la tutela degli interessi italiani in Europa, ma è prigioniera delle contraddizioni tra appartenenza politica europea, leadership del suo partito in Italia e appartenenza politica alla sua maggioranza in Italia».

Magi chiede il rispetto delle prerogative ispettive dei parlamentari nei Cpr italiani in costruzione in Albania

Magi torna anche sul rapporto della leader di Fratelli d’Italia con Orban: «Vuole che l’Ue faccia di più, ma anche che rimanga il veto, come quello di Orban, che ostacola l’appoggio all’Ucraina». E conclude sull’accordo Roma-Tirana sui Cpr in costruzione sull’altra sponda dell’Adriatico: «Meloni dice che il governo italiano porta la legislazione europea in Albania. Non è quello che accadrò: grazie a quell’accordo sarà il nostro Paese a uscire dal diritto europeo perché, come le istituzioni europee hanno sottolineato, quell’accordo è fuori dal perimetro del diritto europeo, che non è ovviamente applicabile in quel luogo». E su questo punto Magi, che a Shengjin aveva avuto uno scontro con Meloni, interpella l’ufficio di presidenza della Camera: «Aspettiamo con ansia di sapere dal presidente Fontana come saranno esercitabili appieno le prerogative dei parlamentari italiani di visita ispettiva in quei luoghi di detenzione, in quelle che di fatto sono delle colonie detentive per stranieri di cui mai avremmo pensato di doverci occupare nel 2024 da parte del nostro Paese».

Faraone: «Meloni farà l’inciucio in Ue, ha portato in giro von der Leyen come la Santuzza»

Per Italia Viva, interviene Davide Faraone, che incalza sulle divisioni interne al centrodestra di governo: «Meloni ha parlato facendo riferimento a un 54% di parlamentari di maggioranza in Europa. Guardavo Salvini, Meloni e Tajani e ho pensato che Meloni mette insieme cose che in Europa non stanno insieme. Si può dire che non potete perdere, avete giocato una schedina “1 X 2”. Rappresentare questo 54% come se fosse una vittoria politica del centrodestra in Europa è surreale. Dite che volete governare insieme in Europa e poi avete posizioni diverse». Il renziano prevede che la leader di Fratelli d’Italia, a Bruxelles, farà un accordo con la sinistra: «Meloni ha portato Ursula von der Leyen in giro come la Santuzza, come facciamo a Palermo. Eppure lei rappresenta tutto ciò che la premier ha contestato in questi anni. Ha spaccato il Paese e poi vi ritroverete a governare con la sinistra in Europa. Perché mi sembra siano gli altri a non voler governare con Meloni e non lei con la sinistra. Farà quell’inciucio che ha detto di non voler compiere».

Bonelli: «Meloni voleva entrare nel caminetto, ma la porta è chiusa»

Angelo Bonelli, leader dei Verdi e deputato di Avs, sostiene che Meloni sia stata messa ai margini delle decisioni per i top jobs: «La premier avrebbe voluto entrare in quel caminetto di cui ha parlato ma la porta le è stata chiusa per quelle posizioni conflittuali, sovraniste e nazionaliste, e per quel suo partito che non ha fatto conti col passato». Bonelli insiste: «Con l’intervento di oggi – 26 giugno – Meloni sancisce il fallimento della sua linea politica e diplomatica in Europa, è stato un intervento nervoso e rancoroso, conseguenza dell’essere stata marginalizzata dalle scelte importanti che si stanno svolgendo in Europa. Lei, che affermava che “la pacchia è finita”, ha portato l’Italia ai margini delle questioni che contano. Oggi è venuta in Aula a chiedere meno Europa, assumendo di fatto le posizioni della campagna elettorale della Lega di Salvini e delle destre nazionaliste e sovraniste in Europa, dimenticando che l’Europa che lei oggi contesta è quella che ha dato 200 miliardi per gestire il Pnrr».

Conte: «Meloni senza dignità, non ha condannato la vile aggressione al nostro deputato Donno»

Il presidente del Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte, esordisce: «Ieri ha contestato alle opposizioni di usare toni da guerra civile: presidente Meloni, è il caso di smetterla con questo finto vittimismo. La guerra civile l’avete scatenata voi in quest’Aula, aggredendo il deputato Donno con un pestaggio in piena regola. E la cosa altrettanto grave è che lei non ha avvertito la responsabilità politica di condannare questa vile aggressione, anche oggi ha perso l’occasione». Conte punzecchia poi la presidente del Consiglio sugli incarichi affidati ai suoi parenti – leggasi Francesco Lollobrigida – e dice: «Vada in Europa con forza a prendersi un posto di prestigio nella Commissione. Visto che si tratta di un incarico di prestigio, non lo affidiamo a un parente. Per una volta applichiamo il principio di meritocrazia».

«Il dilemma tra incoerenza e ininfluenza»

Anche per Conte la leader di Fratelli d’Italia dovrà cedere a un «inciucio» e afferma: «Noi ormai l’abbiamo vista cambiare idea un po’ su tutto e nessuno si stupirebbe per una nuova clamorosa incoerenza. Vada a prendersi un posto di prestigio perché spetta di diritto all’Italia, Paese fondatore e terza economia europea», invitandola a sciogliere «il dilemma tra incoerenza e ininfluenza». Tanto, aggiunge, «negli ultimi anni gli accordi col centrosinistra li avete già fatti. Come quello sul patto di stabilità con Macron e Scholz. Il leader grillino non risparmia a Meloni un’accusa sui temi di politica interna: «Con l’autonomia differenziata lei sta realizzando la secessione, realizza i sogni di Bossi e calpesta il tricolore». E conclude parafrasando il siparietto di qualche ora prima avuto da Meloni con Tajani e Salvini: «Lei si è rivolta ai suoi vicepremier e ai suoi ministri dicendo “Regà, arzatevi“. Mutuo il suo linguaggio: piuttosto gli dica “Ragà, svegliatevi”».

Schlein: «Meloni voleva uscire dall’Europa, ora ha capito l’importanza dell’integrazione»

Elly Schlein chiude il giro di dichiarazioni di voto delle opposizioni, prima dell’ultimo intervento che spetta a Fratelli d’Italia. La segretaria del Pd irride la premier: «Sono felice che Meloni si accodi a noi e dica che l’Europa bisogna cambiarla e non che bisogna uscirne», riferendosi alle posizioni sovraniste ed euroscettiche che Fratelli d’Italia esprimeva prima di arrivare al governo. «È difficile fare l’interesse nazionale se in Europa ti accompagni con chi porta cartelli con scritto “mai un centesimo all’Italia”. Ho sentito Meloni insistere sul nodo delle risorse comuni e sono certa che convincerà gli alleati nazionalisti a smettere di ostacolarli, perché chi dice meno Europa va contro l’interesse dell’Italia». E ancora: «Mi aspetto che nella discussione di domani – al Consiglio europeo – porti le priorità per il suo paese e non per la sua famiglia politica – i Conservatori -, anche perché queste cose non coincidono, sono in aperta contraddizione».

«Sugli errori dell’Ue, come il patto di stabilità, c’è la vostra firma»

Dopo un elenco delle battaglie che il Pd sosterrà nella legislatura europea che sta per iniziare, Schlein torna ad attaccare Meloni: «In questo anno e mezzo voi avete messo la firma sugli sbagli dell’Ue, come sul patto di stabilità, sulla mancanza di accoglienza, non vi siete mai battuti forse per non scontentare gli alleati nazionalisti». Sugli «inciuci con la sinistra», afferma Schlein, «Meloni non si preoccupi: questa sinistra non è disponibile ad alleanze con le destre estreme e non lo sarà mai». Riguardo al G7 svoltosi in Puglia, la leader del Nazareno rileva l’inconcludenza, sostenendo che sia servito a mo’ di «passerella» per presentarsi «come l’unica leader che cancella la parola aborto». Anche Schlein richiama l’asse Roma-Budapest: «Che nessuno parli più in Europa di redistribuire i migranti non è un successo, ma una resa ai vostri alleati, a Orban. Mentre voi fate un accordo cinico con l’Albania, noi siamo diventati l’Albania dei vostri alleati».

Sanità? «L’unica cosa concreta fatta è stata far entrare gli antiabortisti nei consultori»

Sulle polemiche interne, «non so a chi si riferisca Meloni quando lancia allarmismi e vittimismi. Rispetto alla dichiarazioni fatte ieri dalla premier, mi pare che l’unica guerra nei nostri confini sia quella che state facendo ai poveri. Contro il salario minimo, il reddito di cittadinanza e contro il Sud con la legge sull’Autonomia. La vittima non è certo la presidente che non ha nemmeno preso le distanze dalla violenza su un deputato e su due studenti dopo una manifestazione, e che non ha il coraggio di cacciare dal suo partito chi fa saluti fascisti e nazisti». E ancora: «Non serve cambiare le norme sull’aborto per limitare i diritti delle donne, l’unica cosa concreta che avete fatto in un anno e mezzo sulla sanità è far entrare gli antiabortisti nei consultori, dove pure nelle Regioni che governate negate l’accesso alla pillola abortiva». La segretaria del Pd, infine, conclude con il suo slogan più noto: «Come abbiamo visto nelle elezioni cittadine in questi giorni, stiamo proprio arrivando».

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