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L’ex factotum di Gina Lollobrigida torna in Tribunale: «Per me era come una mamma». Il processo sui beni dell’attrice messi all’asta

Andrea Piazzolla è accusato di circonvenzione di incapace dalla procura di Roma. Per la stessa imputazione, ma vicende diverse, è stato già condannato a tre anni

Andrea Piazzolla torna ancora una volta nel Tribunale di Roma con l’accusa di aver circuito Gina Lollobrigida. Oggi, 26 giugno, ha avuto luogo una nuova udienza legata al filone che lo vede imputato, insieme ad un ristoratore romano, per una vicenda legata alla messa all’asta dei beni dell’attrice scomparsa lo scorso 16 gennaio. Piazzolla, ex factotum della diva, è stato già condannato in primo grado a tre anni. Stessa accusa, ma legata ad alcuni beni che avrebbe sottratto dal patrimonio dell’attrice dal 2013 al 2018. Oggi l’uomo ha accettato di sottoporsi all’esame davanti ai giudici di Piazzale Clodio. E ha sostenuto ancora che lo legava a Lollobrigida un affetto sincero e ricambiato: «Ho sempre considerato Gina come una mamma. Se ha vissuto bene fino alla fine, una piccola parte del merito va anche alle attenzioni che ha ricevuto da me».

La versione di Piazzolla

Secondo Piazzolla (ormai 37enne), la decisione di mettere all’asta i beni fu interamente dell’ex diva del cinema. L’asta avvenne nel 2020: in quel periodo l’uomo viveva a casa della «signora Lollobrigida» assieme alla sua compagna. L’attrice avrebbe infatti accolto entrambi «come figli». Piazzolla, dunque, ha raccontato di aver assistito alla selezione dei beni di cui disfarsi, così come al loro ritiro. D’altronde, a suo dire per Lollobrigida era diventato «pericoloso» tenere quei pezzi di valore in casa, per timore delle incursioni dei ladri.

Le accuse

I mandati di vendita, secondo quanto ricostruito dai magistrati, riguardano «cimeli, oggetti d’arte, antichità, preziosi, mobili d’arredo, opere d’arte del valore minimo stimato 300 mila euro». Quella che definirono una «spoliazione orchestrata», messa in atto – sempre secondo l’accusa – anche grazie al contributo di un amico di Piazzolla, il sopracitato ristoratore, a sua volta imputato e presente oggi in aula. L’ex factotum dell’attrice, tuttavia, ha sostenuto di non avere «competenze sulle aste: quello dell’arte è un mondo che non mi appartiene». E ancora: «Gina quando ha saputo che l’amministratore giudiziario voleva fare un inventario è andata su tutte le furie e anche per via dei lavori di ristrutturazione che dovevano essere eseguiti. Ha chiesto alla titolare della casa d’ste di custodire i suoi beni e ha firmato lei i mandati a vendere».

La vicenda

In quel periodo, quattro anni fa, la residenza di Lollobrigida sull’Appia antica avrebbe infatti dovuto affrontare dei lavori di ristrutturazione. Per questo l’attrice avrebbe pensato di depositare i suoi averi più preziosi in un magazzino. Qualche tempo dopo, però, quegli stessi averi sono apparsi nel catalogo della casa d’aste Colasanti. A scoprirlo è stato Stefano Agamennone, l’amministratore di sostegno nominato dal Tribunale: è da lui che parte la denuncia che oggi riporta Piazzolla a Piazzale Clodio. L’ultima parola dei giudici arriverà a ottobre, con le richieste della Procura e la successiva sentenza.

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