Nomine Ue, l’accordo esclude Giorgia Meloni, tentata dalla rottura: «Vogliono andare avanti senza di noi»
La presidente del Consiglio Giorgia Meloni è pronta ad astenersi nel voto per la prossima Commissione Europea. Il segnale può arrivare al prossimo Consiglio Europeo, in programma per domani 27 giugno. E potrebbe arrivare anche in caso di nomina del suo fedelissimo Raffaele Fitto a vicepresidente con delega al Pnrr. Una decisione di questo tipo costituirebbe una rottura rispetto alla tradizione, visto che di solito in questi casi in Ue si procede con il consenso unanime dei vertici. E dipende dalle notizie di ieri. Ovvero quelle che volevano raggiunto l’accordo sui tre nomi ai vertici delle istituzioni europee: Ursula von der Leyen confermata alla guida dell’esecutivo Ue, l’ex premier socialista portoghese Antonio Costa alla guida del Consiglio e il liberale Kaja Kallas Alto rappresentante per la politica estera.
La rabbia di Giorgia
Anche Roberta Metsola va verso la conferma come presidente dell’Europarlamento, ma solo per metà mandato. Si tratta dell’accordo che ballava già dalla settimana scorsa. E che aveva causato le accuse di mancanza di rispetto da parte della premier italiana. In pubblico Meloni aveva chiesto un cambio di passo. In privato, svelano oggi i retroscena come quello del Corriere della Sera, la presidente del consiglio italiana è furiosa: «Potevano aspettare il vertice che si apre domani per ufficializzare la decisione, potevano avere più rispetto per un Paese fondatore dell’Unione, hanno deciso di andare avanti senza di noi, a questo punto nulla è più scontato, nemmeno il sostegno parlamentare del gruppo Ecr a un secondo mandato di Ursula von der Leyen».
La premier ce l’ha anche con Elly Schlein, che ha osteggiato l’entrata del suo gruppo in maggioranza: «È una follia antipatriottica». Anche se pare difficile vedere Meloni che dice sì a Sinistra Italiana nel governo dell’Ue perché Ilaria Salis è nata a Monza.
La rottura in arrivo
In questo clima potrebbe persino saltare la vicepresidenza per Fitto: «Non sappiamo assolutamente nulla, e anche che alla fine sia Fitto il nostro candidato è qualcosa da maneggiare con le molle, perché al momento manca qualsiasi informazione necessaria per valutare sino in fondo l’intero dossier». E le parole che escono da Palazzo Chigi sembrano l’anticamera di una dichiarazione di guerra: «C’è il rischio, visto il metodo che hanno scelto, che arrivino delle sorprese clamorose, per quanto ci riguarda può anche saltare tutto e accadere che un’intera classe dirigente delegittimata dal voto, che pensa di continuare a dettare l’agenda, vada a casa». Le variabili sono tante. Si va dal fare buon viso a cattivo gioco al prendere una strada esplicita di rottura.
I conti della serva
D’altro canto all’Europarlamento la maggioranza che si va configurando (Popolari, Socialisti, Liberali) conta ufficialmente 399 voti. Ne bastano 361 su 720 per avere la maggioranza. Ma i franchi tiratori sono sempre in agguato e quei voti potrebbero non bastare. Per questo Ursula puntava su Giorgia. Ma i socialisti, comprensibilmente, troverebbero difficile accettare l’appoggio dell’estrema destra dopo aver fatto campagna elettorale contro il pericolo per mesi. Per questo guardano invece ai Verdi. Von der Leyen avrebbe comunque chiamato Meloni ieri pomeriggio. Annunciandogli che i negoziatori alla fine hanno accettato la vicepresidenza per l’Italia. Ma questo non è bastato a convincere Giorgia. Per ora.
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