Julian Assange si dichiara colpevole di cospirazione e adesso è un uomo libero
Il fondatore di Wikileaks Julian Assange si è dichiarato colpevole di «cospirazione per ottenere e diffondere informazioni sulla difesa nazionale». Davanti al tribunale di Sapian nelle isole Marianne Settentrionali, territorio Usa nell’Oceano Pacifico ha ricevuto una condanna a cinque anni e due mesi. Ovvero esattamente il tempo trascorso nel carcere di massima sicurezza vicino Londra da cui è uscito ieri. La giudice statunitense Ramona Manglova a quel punto lo ha dichiarato «uomo libero». Il patteggiamento, che Assange aveva già firmato il 24 giugno, mette fine a oltre dieci anni di battaglie legali: «Con questo pronunciamento, sembra che lei potrà uscire da quest’aula di tribunale da uomo libero». Dopo 1901 giorni di prigione, finisce così la vicenda nata nel 2019 che gli avrebbe fatto rischiare 175 anni di carcere.
Il Primo emendamento e l’Espionage Act
L’australiano si è presentato davanti alla corte in abito scuro, con una cravatta ocra e i capelli bianchi pettinati all’indietro. Era calmo e di buon umore. Tanto da permettersi di scherzare con la giudice, dicendo che stava «aspettando l’esito dell’udienza per ritenersi soddisfatto». Mentre l’accordo che ha firmato prima di salire sul jet privato pagato con una raccolta fondi oltre mezzo milione di dollari «l’ho letto a fondo», ha fatto sapere.
Quando Manglova gli ha chiesto cosa avesse fatto per commettere il reato di cui è accusato, Assange ha risposto: «Ho incoraggiato la mia fonte a fornire informazioni classificate al fine di pubblicarle. Credo che il Primo emendamento protegga tale attività». Non rinunciando quindi alla linea di difesa tenuta durante i processi di questi anni. Ovvero che «il Primo emendamento e l’Espionage act sono in contraddizione tra loro, ma accetto che sarebbe difficile vincere una causa del genere date tutte queste circostanze».
La moglie Stella e l’Australia
La moglie Stella ha detto ai giornalisti che «non erano sicuri fino alle ultime 24 ore che ciò stesse realmente accadendo». WikiLeaks ha annunciato su X che Assange partirà per l’Australia nelle prossime ore, aggiungendo che il patteggiamento «non avrebbe mai dovuto esserci». Il governo di Canberra, che da mesi faceva pressione su Washington per arrivare a questa conclusione, ha affermato che il caso «si è trascinato troppo a lungo». Il premier Anthony Albanese ha definito «uno sviluppo gradito» l’accordo raggiunto tra la giustizia Usa e Assange. L’agenzia di stampa Afp spiega che la trattativa per l’accordo è cominciata all’inizio del 2024. Fondamentale è stato l’apporto del governo dell’Australia e del Parlamento di Canberra, che ha approvato una mozione per chiedere la fine dei procedimenti giudiziari nei confronti di Assange.
Perché l’accordo
L’accordo consente all’accusa di evitare i rischi di una procedura incerta e risolve una vicenda che ha colpito tre amministrazioni americane. Quella di Biden ha avuto il coraggio di chiudere il caso, quella di Trump lo aveva accusato mentre Barack Obama l’aveva lasciata cadere proprio «a causa delle sue implicazioni sulla libertà di stampa». E perché è arrivato fino alle Isole Marianne per chiudere la questione? Lo ha spiegato Manglova durante l’udienza con «l’opposizione dell’imputato a viaggiare nella parte continentale degli Stati Uniti». Ma anche per la vicinanza tra il luogo e l’Australia, dove Assange sta tornando alla fine del suo calvario.
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