Modena, l’operaio pagato 1 euro l’ora in nero denuncia l’azienda per sfruttamento. E ottiene il permesso di soggiorno

Dopo aver subito un incidente sul lavoro, il 30enne di origini marocchine ha deciso di rivolgere ai sindacati, e ha vinto la sua prima battaglia

Veniva pagato un euro all’ora, ma dopo aver trovato il coraggio di denunciare è riuscito a ottenere un permesso di soggiorno per grave sfruttamento lavorativo della durata di un anno. È la storia di un uomo di 30 anni di origini marocchine che aveva trovato lavoro come operaio in un cantiere edile di Castelfranco Emilia, in provincia di Modena, per una misera paga di un euro l’ora. In tutto, ha lavorato 250 ore per l’azienda che lo ha quindi pagato con un totale di 250 euro. Dopo aver subìto un incidente sul lavoro, l’uomo ha deciso di rivolgersi alla Fillea Cgil di Modena e si è fatto supportare dalla sindacalista Souad Elkaddani e dall’avvocata Elisabetta Vandelli del Centro lavoratori Stranieri. Così ha trovato la forza di presentare denuncia presso la Procura e l’Ispettorato del Lavoro sia per sfruttamento che per omissione di registrazione all’Inail e all’Inps. La vicenda è poi finita con il 30enne che ha ottenuto il permesso di soggiorno per grave condizione di sfruttamento lavorativo della durata di un anno rinnovabile.


Il sindacato: «È la prima volta che viene riconosciuto a Modena»

«Tutto ciò è stato possibile soprattutto grazie alla collaborazione attiva dell’operaio nella fase delle indagini. Una vertenza tutta Fillea, che ha un valore politico importante per tutti i lavoratori fragili e sfruttati», commenta Rodolfo Ferraro, segretario generale della Fillea Cgil Modena. Nella città di Modena, fa sapere il sindacato, è la prima volta primo che viene riconosciuto il permesso per sfruttamento lavorativo. «Siamo considerati sindacato di strada. Grazie a questa attività siamo riusciti ad aiutare un operaio che percepiva un euro l’ora e che per 250 ore di lavoro ha guadagnato 250 euro. Parte del modello produttivo organizzato del lavoro a Modena è basato su illegalità, irregolarità e sfruttamento del lavoro. La legge Bossi-Fini va abrogata perché rende migranti ricattabili e ancora più fragili», aggiunge il sindacalista Cgil Pietro Imperato. La vicenda richiama inevitabilmente alla mente quella drammatica di Satman Singh, il bracciante indiano di 31 anni morto dopo aver perso un braccio in un incidente sul lavoro.


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