La malattia, il dolore, l’amore per la musica: cosa racconta «Io sono: Celine Dion», il docu-film sull’artista canadese
Spasmi, convulsioni, difficoltà a respirare, dolore. Il docu-film di Prime Video Io sono: Celine Dion non risparmia allo spettatore i dettagli più crudi della malattia che è stata diagnosticata alla cantante pochi anni fa. Ovvero la «sindrome della persona rigida», un disturbo neurologico raro e incurabile che porta a una progressiva rigidità muscolare e che l’ha indotta ad allontanarsi dai palcoscenici e dai riflettori. Se la sua voce incredibile l’ha resa una star conosciuta a livello internazionale, il documentario espone il suo lato più intimo e fragile.
«Una forza straordinaria»
A dirigere l’opera è stata Irene Taylor Brodsky, candidata agli Oscar nel 2009 per il documentario The Final Inch sulla lotta alla poliomelite. «Durante le riprese, Céline ha sempre trovato il modo di andare avanti, sostenuta dalla sua famiglia e dai suoi fan», ha raccontato la regista. «Anche nei momenti di maggiore difficoltà, ha dimostrato una forza straordinaria. Il suo viaggio è un esempio di come affrontare le avversità con grazia e determinazione», ha aggiunto Taylor Brodsky. Le riprese sono iniziate prima che, nel 2022, la cantante canadese avevesse comunicato ai suoi fan di aver contratto la malattia mediante un video pubblicato su Instagram.
Anni difficili
Un anno prima, per colpa dei suoi problemi di salute, Dion era stata costretta a cancellare il suo attesissimo residency show a Las Vegas. Era la prima di una serie di rinunce imposte dalla sua sindrome: nel 2022, ad essere cancellato è dovuto essere il Courage World Tour. I primi problemi legati agli spasmi muscolari, però, erano iniziati molto prima. Non era raro che prima di esibirsi fosse costretta a ricorrere al Valium: fino a 90 milligrammi al giorno, per riuscire a camminare e deglutire. La star ha ricordato che se veniva colta dagli spasmi mentre era sul palco, provava a dissimulare puntando il microfono verso il pubblico, affinché cantasse per lei.
L’importanza di documentare
Ci sono scene forti: Dion trema, piange, ha il volto deformato dal dolore. A volte non riesce nemmeno a respirare e ha bisogno dell’intervento di un’infermiera. «Questi ultimi due anni sono stati una sfida per me, il percorso della scoperta della mia condizione fino all’imparare a conviverci e a gestirla, senza permettere a questa situazione di definirmi», ha dichiarato la cantante. «Mentre continuo a percorrere la strada per riprendere la mia carriera di performer, ho capito quanto mi è mancato il rapporto con i miei fan. Durante questa assenza ho deciso che volevo documentare questa parte della mia vita, per cercare di aumentare la consapevolezza di questa condizione poco conosciuta per aiutare la mia stessa diagnosi», ha aggiunto.
«Chi è Celine Dion?»
Il docu-film evidenzia quanto Dion tenga al suo lavoro: ricordando gli episodi in cui ha dovuto rinunciare agli spettacoli, Dion è scoppiata in lacrime. Il suo allontanamento forzato dalla musica le ha provocato una vera e propria crisi di identità. «Chi è Celine Dion?», si chiede davanti alle telecamere. «Celine Dion è quella che ha cantato. La mia voce è stata il filo conduttore della mia vita». Il documentario però si chiude con una speranza: l’artista non ha infatti mai smesso di lavorare, e sta continuando a esercitare le sue corde vocali con la speranza che un giorno possa cantare di nuovo, dal vivo, per i suoi fan.
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