Il selfie dopo l’omicidio di Thomas Luciani a Pescara e il post sui social: «Volevano solo farlo soffrire e morire»
Hanno ucciso Christopher Thomas Luciani per vederlo soffrire. Nei confronti dei due indagati per l’omicidio del 17enne i giudici del tribunale dei minori scrivono che la causa determinante dell’azione è stata «l’impulso lesivo, quello di provocare sofferenza e uccidere un essere umano, sino quasi a integrare il motivo futile». Ovvero «il motivo meramente apparente e in realtà inesistente che cela l’unico vero intento che è quello di cagionare sofferenza e morte». Dopo l’omicidio di Crox uno dei due si è scattato un selfie in spiaggia. Un selfie dopo una serie di «battute scherzose e irridenti nei confronti della vittima». A cui dicevano di stare zitto quando lo uccidevano. Mentre tutta la comitiva di amici è «andata con tranquillità al mare: non abbiamo pensato di chiamare nessuno. Né polizia né ambulanza».
Il racconto del delitto di Pescara
Nel racconto del delitto di Pescara c’è anche una lavatrice. Azionata di notte per ripulire vestiti sporchi di sangue da uno dei due indagati. Una maglietta nera, che la squadra mobile di Pescara va a cercare in casa. Ma quando arriva la polizia la cesta degli indumenti sporchi è vuota. Perché, spiega il padre del minorenne, «la propria madre che abita a Montesilvano era solita effettuare il bucato anche in ore notturne. La polizia giudiziaria operante immediatamente si portava presso tale indirizzo dove effettivamente trovava la donna e rilevava la presenza di indumenti della famiglia di XXX. Tra cui una t-shirt di colore nero simile a quella indossata da XXX al momento dei fatti». Nel decreto di fermo i magistrati scrivono che l’impulso omicida ha reciso «ogni eventuale nesso con l’obiettivo dell’incontro con il debitore».
L’inclinazione violenta
Del resto uno dei due ragazzi si è reso complice dell’altro anche se non vantava crediti nei confronti di Crox. L’inclinazione violenta degli indagati, sostengono i giudici, supera di gran lunga il movente. L’autopsia ha confermato che Thomas Luciani è stato ucciso con 25 coltellate. Mentre l’arma del delitto era effettivamente un coltello da sub, che i ragazzi hanno lanciato sugli scogli e la polizia non ha ancora trovato. Intanto un’amica di famiglia di uno dei due ragazzi, quello che tentò il suicidio due anni fa, racconta al Corriere della Sera che si è gettato «dal Ponte di Mare. Dopodiché ha vissuto imbottito di psicofarmaci e hashish nel disinteresse completo di tutti. Lo vedevamo aggirarsi senza particolari obiettivi in città».
Il post sui social network
Si parla anche di un post sui social network che ritrae uno dei due ragazzi insieme alla sua famiglia attorno alla torta di compleanno della mamma. Rilanciata con la scritta «già mi manchi», scrive il quotidiano, che però si riferisce chiaramente a una persona non ritratta nella foto. «Sì, mi hanno inviato il post lunedì sera. Mia figlia è andata a scuola con il ragazzo sin dalla materna», dice l’amica di famiglia. E ancora: «Lunedì, dopo tutto questo, dopo la morte di un ragazzo di sedici anni ucciso in quel modo, ricevo questo messaggino e quindi mi dico e dico anche a mio marito: allora non hanno capito nulla, allora davvero non ci si vuole rassegnare alla brutalità dei fatti. È un po’ come mettere la polvere sotto i tappeti e non aggiungo altro, ripeto siamo spaventati, sconcertati», conclude.
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