Diritti civili, Alessandra Mussolini denuncia le pressioni del Vaticano sul Parlamento: «Gli emendamenti sono sottoposti a controllo preliminare»

L’esponente di Forza Italia rompe il silenzio su quanto accaduto per la legge sulla procreazione assistita, nel 2004: «Quanta crudeltà nei confronti del corpo delle donne»

Uno Stato, il Vaticano, che incide sulle politiche di un altro Stato, l’Italia. Si potrebbe sintetizzare così la denuncia fatta oggi – 28 giugno – da Alessandra Mussolini. Al microfono di Simone Spetia, su Radio 24, l’europarlamentare di Forza Italia viene interrogata sul vasto tema dei diritti civili. Mussolini, che ha iniziato la sua carriera politica nel Movimento sociale italiano, passando per Alleanza nazionale per poi approdare in Forza Italia, ha sempre rappresentato un’avanguardia, in materia, per il centrodestra. «Non mi fate parlare del perché l’Italia non legifera su questo… io lo so molto bene, ma non lo voglio dire», afferma al cronista. Sollecitata, aggiunge: «Perché ci sono influenze religiose molto importanti. Gli emendamenti passano…».


A quel punto, Spetia insiste e domanda se gli emendamenti di deputati e senatori passano al vaglio del Vaticano o della Cei, prima dell’approvazione in Parlamento. Mussolini non nega, anzi racconta un episodio avvenuto durante la XIV legislatura, quando al governo c’era Silvio Berlusconi. Lei era una deputata di Alleanza nazionale e stava seguendo da vicino l’iter parlamentare di quella che diventerà la legge 40/2004. Ovvero, la legge che regolamenta la Pma, la procreazione medicalmente assistita. Mussolini, in Transatlantico, annunciò che aveva ottenuto dal leader Gianfranco Fini il via libera per proporre un emendamento che «stabilisce la diagnosi preimpianto e riguarda la revoca del consenso da parte della donna, nel caso di un embrione malato». Il testo si trovava al Senato, quindi l’emendamento doveva essere presentato lì.


«Fini ha giudicato che – senza emendamento – sarebbe stata un’atrocità sulle donne», aveva aggiunto Mussolini. «Non si può costringere una donna a farsi impiantare un embrione malato». A distanza di più di 20 anni da quell’ottobre 2003, Mussolini spiega perché quell’emendamento non fu mai approvato. «Non volevano la diagnosi preimpianto. È un’assurdità: non è che tu produci gli embrioni e poi devi mettere tutto quello che hai prodotto nell’utero della donna, come se la donna fosse un laboratorio, una specie di contenitore. Bisogna invece selezionare gli embrioni che possono attecchire, ma anche vedere se ci sono malattie… Questa è civiltà, è libertà».

Quell’emendamento, denuncia oggi Mussolini, non è potuto passare perché è stata allontanata dalla commissione competente. «Sono stata mandata via dalla commissione e, al mio posto, sono entrati gli ultracattolici». Qual era la loro posizione? «Mettiamo tutto nel corpo della donna. Poi, al limite, si ricorre all’interruzione di gravidanza». L’esponente di Forza Italia imputa alle pressioni d’Oltretevere questa «crudeltà nei confronti della donna». E il legiferare in materia di diritti civili sarebbe stato più difficile «perché gli emendamenti venivano sottoposti al vaglio… e poi tornavano indietro». Quindi, conclude ironizzando, «noi abbiamo tre Camere: la Camera dei deputati, il Senato e il Camerino».

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