«Presidente, si ritiri». Joe Biden, la malattia e il New York Times: ma chi può convincerlo? E chi può sostituirlo in corsa?
Se c’è qualcuno che può convincere Joe Biden a ritirarsi dalla corsa per la presidenza degli Stati Uniti, questa è sua moglie Jill. Per questo dopo il dibattito con Donald Trump tutti gli occhi sono puntati su di lei. Che però per ora non sembra aver cambiato idea. Anche se si parla molto della possibile malattia del marito, ipotizzando il morbo di Parkinson. Mentre anche il New York Times prende posizione: «Per servire il suo paese, dovrebbe lasciare la corsa», scrive il comitato editoriale invitandolo a fare un passo indietro. Tra i possibili sostituti ci sono Gavin Newsom, governatore della California e spesso supplente di Biden negli eventi pubblici. Gretchen Whitmer, governatrice del Michigan e possibile candidata nel 2028. Kamala Harris, che in quanto vice è naturalmente in pole position. E Michelle Obama, il sogno segreto di molti che però ha sempre negato di aspirare a una carriera politica.
La bocciatura del Nyt
Subito dopo la fine del dibattito con Trump, che ha visto il presidente in carica confuso e in difficoltà, si è registrato il panico tra i Dem americani. Anche gli opinionisti dei quotidiani e i politologi lo hanno scaricato. Mentre lui ha ammesso le difficoltà, pur sostenendo di fare ancora bene il suo lavoro. Ma intanto c’è da registrare la presa di posizione del Nyt. «Biden ha affermato di essere il candidato con le migliori possibilità di affrontare questa minaccia di tirannia e di sconfiggerla. La sua argomentazione si basa in gran parte sul fatto di aver battuto Trump nel 2020. Ma questa non è più una motivazione sufficiente per spiegare perché Biden dovrebbe essere il candidato democratico quest’anno. Nel dibattito di giovedì il presidente aveva bisogno di convincere il pubblico americano di essere all’altezza delle formidabili richieste della carica che sta cercando di ricoprire per un altro mandato».
Si può sostituire il candidato in corsa?
«Tuttavia, non ci si può aspettare che gli elettori ignorino ciò che era invece evidente: Biden non è più l’uomo che era quattro anni fa», scrive il board. E ancora: «La verità che Biden deve affrontare ora è che ha fallito il suo stesso test, incoraggiando il partito a cercare candidati meglio attrezzati per presentare alternative chiare, convincenti ed energiche a una seconda presidenza Trump». Va ricordato che non è mai successo che un candidato in corsa per la Casa Bianca sia stato sostituito. In ogni caso è una scelta che compete solo ed esclusivamente a lui. E i delegati da lui vinti tornerebbero in palio. Con un eventuale ritiro avrebbe solo il potere di appoggiare il nuovo candidato. Il successore verrebbe scelto nella convention di agosto a Chicago. E c’è l’ostacolo Ohio, dove la scadenza per certificare il candidato è il 7 agosto, prima della convention del 19.
La malattia
Ma cosa ha Joe Biden? Diego De Leo, presidente dell’Associazione Italiana di Geriatria, con Repubblica ipotizza che il presidente appaia come un anziano «colpito da un problema senile, forse il Parkinson. Ha delle rigidità nel movimento e delle confusioni mentali episodiche che fanno pensare a quella patologia o ai cosiddetti “parkinsonismi”. Ma non conosciamo la vera diagnosi». Biden «deambula in modo incerto. È evidente lo sforzo che fa per tenersi su, diventare più rigidi è un meccanismo di difesa contro la perdita di controllo. Ha poi una mimica facciale ridotta e anche questo potrebbe essere indicativo di un deterioramento del controllo extrapiramidale, cioè di strutture del cervello particolari che nel Parkinson possono essere danneggiate da piccole ischemie».
Il morbo di Parkinson
De Leo dice che «ci sono farmaci che rallentano e controllano la malattia di Parkinson. In certi casi possono essere efficaci anche a lungo. La patologia conosce però eziologie, cioè cause, diverse. Le forme ischemiche sono comuni, ma ce ne sono anche di genetiche, virali, tumorali». Roberto Bernabei, già professore ordinario di Medicina Interna e Geriatria all’Università Cattolica del Sacro Cuore e medico personale di Papa Francesco, dice a La Stampa che «Biden mi sembra molto affaticato, lento e verosimilmente parkinsoniano. Presenta insomma tutte le caratteristiche di una persona con un disturbo del sistema nervoso, come appunto la malattia di Parkinson. Sia chiaro: non dico che è demente, ma sembra alle prese con i classici sintomi del Parkinson e questo può compromettere la sua reattività».
La differenza con Trump
Trump, invece, sebbene sia solo poco più giovane del candidato concorrente, «si presenta bene, in gran forma. La cosa che più di tutti dovrebbe farci riflettere è che nessuno si stupisce delle condizioni di Trump». Che è noto per la sua sfrontatezza, e secondo Bernabei questo potrebbe essere un indizio di una «frontalizzazione. Si tratta dell’esordio di una forma di demenza che si chiama fronto-temporale. Che si manifesta non con un calo delle performance intellettuali, ma con un aumento di alcuni comportamenti. Un esempio è che la persona inizi a dire ad alta voce ciò che prima non avrebbe mai detto. Ma attenzione: non dico che Trump abbia questa forma di demenza perché, a quanto ne sappiamo, non è affatto così». La stessa diagnosi di Parkinson era stata suggerita da altri nei giorni scorsi.
I possibili sostituti
L’elenco dei possibili sostituti vede una suggestione: quella di Michelle Obama. Rilanciata dai giornali, è stata respinta più volte dall’ex first lady, che non ha intenzione di entrare in politica. La candidata naturale alla successione sarebbe Kamala Harris. Avrebbe il vantaggio di fare già parte del ticket presidenziale e sarebbe l’unica a poter avere accesso ai fondi per la campagna elettorale. Ma il più quotato rimane Gavin Newsom, 56 anni, governatore della California. Giovane, di bella presenza e carismatico, è sempre stato considerato il sostituto ideale di Biden.
Ma i repubblicani lo accusano di malgoverno nel suo Stato per l’aumento della criminalità, dei tossicodipendenti e dei senzatetto. Gretchen Whitmer, terzo nome della lista, ha tenuto testa a Trump che criticava le restrizioni anti-Covid-19. Nel 2021 fu vittima di un tentativo di rapimento da parte di estremisti di destra. Altri nomi (di seconda fila) sono il governatore della Pennsylvania Josh Shapiro, quello dell’Illinois J.B. Pritzker, il deputato della California Ro Khanna, tutti in posizione più defilata. Ma prima Joe deve ritirarsi. E può convincerlo soltanto Jill.
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