Viktor Orbán e il dialogo fallito Meloni-Le Pen: «Volevano un super-gruppo Ue, ma non hanno trovato l’accordo». Pronto il piano B con Salvini

Il premier ungherese svela i retroscena del dopo-voto a destra. E assicura: «Il gruppo dei Patrioti sarà il terzo al Parlamento Ue, ci saranno anche degli italiani…»

Sono ore di lavoro febbrile per Viktor Orbán, e ad una scala insolitamente europea. La sua Ungheria ha preso infatti oggi ufficialmente le redini temporanee dell’Ue, ereditando dal Belgio la presidenza semestrale del Consiglio, organo di rappresentanza dei 27 Stati membri. Compito sempre delicato, che richiede capacità di leadership ma pure di tessitura: delicatissimo in questa fase, quella dell’avvio di un nuovo ciclo istituzionale quanto mai incerto dopo le Europee del 6-9 giugno. Il funambolico Orbán dà mostra di non temere la prova, fiero del suo ruolo di premier di gran lunga più esperto d’Europa (guida il governo del suo Paese ininterrottamente dal 2010, spegnendo ong, contrappesi e voci critiche con le buone e con le cattive). Ai suoi uomini a Bruxelles ha lasciato la parte delle colombe – «saremo un honest broker tra i governi», è la linea ufficiale fatta trapelare – mentre lui si tiene le mani libere, in equilibrio perenne tra “bombardatole” sovranista delle istituzioni e abile negoziatore. Nella capitale belga oggi ha preso il testimone da Alexander De Croo, ha visto il presidente (uscente) del Consiglio europeo Charles Michel e consegnato la sua linea sui temi economici al Financial Times (sparando a zero sulle ambizioni Ue di transizione ecologica). Ma il lavorio più intenso è quello che Orbán sta conducendo sul piano politico. In pentola bolle un nuovo gruppo di «patrioti» al Parlamento europeo, e questa sera il premier ungherese ha svelato qualche interessante retroscena che riguarda da vicino pure l’Italia.


Il dialogo fallito tra le due donne della destra Ue

Subito dopo le Europee d’inizio giugno, ha raccontato Orbán un’intervista alla tv ungherese M1, le due più chiare vincitrici del voto sul fronte delle destre Ue hanno cominciato a parlarsi. I semi del dialogo li avevano piantati d’altra parte già nelle settimane precedenti, Giorgia Meloni e Marine Le Pen. Il punto d’arrivo cui i tifosi dell’alleanza tra le due donne forti della destra Ue guardavano era (e resta) un gruppo unitario al Parlamento europeo, in grado di incidere pesantemente sugli equilibri politici. Ma la cosa non è andata da nessuna parte, almeno per ora. «Non sono riuscite a mettersi d’accordo sui passi da compiere», svela ora Orbán, né soprattutto a raggiungere un accordo sul programma. Possibile che la linea di divisione sia stata quella sul sostegno all’Ucraina e l’opposizione a Vladimir Putin, tema su cui i sovranisti d’Europa sono quanto mai spaccati. Fatto sta, dice ora Orbán, che «alcuni volevano muoversi più velocemente e altri volevano muoversi più lentamente». Il suo partito però, Fidesz, di una nuova casa europea ha bisogno, dopo aver abbandonato – stava per essere espulso – il Ppe nella scorsa legislatura. Così avrebbe fatto un altro tentativo: quello di entrare nel gruppo dei Conservatori e Riformisti europei (Ecr), quello guidato da Giorgia Meloni. La quale però «ha rifiutato Fidesz», svela il premier magiaro. E così Orbán si sarebbe deciso ad andare avanti di testa sua, con il nuovo progetto appena presentato.


Se son rose fioriranno

Si chiama «Patrioti europei» il gruppo che dovrebbe sorgere ufficialmente la prossima settimana, sulla base del manifesto presentato domenica a Vienna con il presidente ceco Andrej Babiš (leader dei liberal-populisti di Ano) e col leader del Partito delle Libertà austriaco (Fpö). Il lancio ufficiale è in programma per lunedì prossimo 8 luglio, e per quella data – ha svelato ancora Orbán – a salire a bordo da altri Paesi europei saranno diversi altri partiti di simile tendenza. «Diventeremo un grande gruppo parlamentare più velocemente di quanto si pensi ora, ancora 4-5 giorni e molti saranno sorpresi», ha anticipato sempre in tv il premier. Ricordano come la nuova alleanza sia aperta a tutti «coloro che vogliono migliorare l’Europa». Ma chi altro entrerà, di preciso? Orbán i nomi ancora non li fa, ma quasi. «Ai cechi, agli austriaci e agli ungheresi si sono già aggiunti i portoghesi (di Chega, ndr) e gli italiani si aggiungeranno presto», così che il nuovo gruppo arriverà a essere «il terzo più grande» al Parlamento europeo. E tutto lascia pensare che il partito italiano pronto ad aderire sia la Lega di Matteo Salvini. Anche se non è chiaro al momento cosa ne sarà esattamente di Identità e Democrazia, il partito che il Carroccio condivide con il Rassemblement National e tanti altri. Fusione? Incorporazione? O competizione?

La strategia di Salvini

Quel che è certo è che Salvini stesso aveva dato nelle ore precedenti segnali del tutto compatibili con quelli lanciati da Orbán. «Se aderiremo al gruppo dei patrioti europei lanciato dal primo ministro ungherese? Mi sembra la strada giusta unire chi mette al centro lavoro, famiglia, sicurezza, futuro dei giovani e non finanza, burocrazia e austerità». Matteo Salvini non nasconde le strategie per fare opposizione nella prossima legislatura europea. E, a Radio 1, afferma di stare trattando con il premier ungherese, anche se ciò volesse dire sciogliere il gruppo Identità e democrazia presieduto dal “suo” Marco Zanni. «Stiamo valutando tutti i documenti», dice il segretario della Lega, condividendo l’idea di «fare un grande gruppo che ambisca a essere il terzo nell’Europarlamento e che porti avanti quello che i cittadini ci hanno chiesto, ad esempio su un ambientalismo intelligente e non ideologico».

I riflessi del voto in Francia

Il vicepremier del governo italiano commenta anche quanto sta avvenendo in Francia, dove si è concluso il primo turno delle elezioni nazionali. Quando votano, «i cittadini hanno sempre ragione» e la tornata francese è «utile anche a livello europeo» visto che a Bruxelles «stanno costruendo la stessa ipotesi di alleanza». Salvini, poi, fa un endorsement alla sua alleata d’Oltralpe, Marine Le Pen: «Ha preso i voti di oltre un terzo dei francesi» e questo «allarme estremismo è folle perché non si tratta di estrema destra, ma di un movimento alternativo alla sinistra» per cui hanno votato tanti «lavoratori». Sul secondo turno, aggiunge: «Mi pare curioso che coloro che hanno protestato in piazza contro Emmanuel Macron ora si alleino per paura di perdere il posto. Poi uno si chiede perché la gente non va a votare».

Leggi anche: