I ragazzi che si prendono l’anno sabbatico dopo l’esame di maturità: «Serve per capirsi e ritrovarsi»

Il 10% degli studenti ci pensa. C’è chi va all’estero e chi si trova un lavoretto

Fermarsi per capire cosa fare della propria vita. Dopo l’esame di maturità alcuni giovani preferiscono non iscriversi subito all’università. Ma decidono di prendersi una pausa. Il fenomeno si chiama Gap Year e Skuola.net dice che il 13,8% dei maturandi sta pensando di accedervi. Tanto che il fenomeno si osserva anche nei ritardi nelle iscrizioni all’università: per i 19enni è in media di un anno e mezzo. Mentre il 20% di loro ha già messo in conto di dover andare all’estero per trovare lavoro. E c’è chi combina le due necessità, decidendo di partire a 19 anni. Le mete più quotate sono il Regno Unito e gli Stati Uniti. Ma anche l’Australia e la Nuova Zelanda esercitano il loro fascino. Ma ci sono anche lati negativi.


Vedere il mondo e fare esperienza

«Per tanti non si tratta di vedere il mondo o di fare esperienza, ma piuttosto di freezing», spiega a Repubblica Gianluca Sabatini, responsabile sviluppo Area formazione di Elis. Il 23% ammette di volersi fermare perché non sa cosa fare dopo il diploma, il 21% vuole prendersi del tempo per valutare. Parte del problema è da rintracciare nella scuola, dove «l’orientamento non è efficace», annota Daniele Grassucci, co-founder di Skuola.net. Il quotidiano riporta anche le testimonianze di alcuni studenti che si sono presi l’anno sabbatico. Tra questi, Valentina: «Ero arrivata alla Maturità con attacchi di panico costanti. Due anni fa, preso il diploma in Scienze umane, ho deciso che era tempo di prendermi cura di me». Per lei «la mole di studio era troppa. Uscita da scuola mi fermavo solo per pranzare e poi mi rimettevo subito a studiare, anche sotto le feste. E alle interrogazioni avevo comunque un sacco di ansia».


L’anno sabbatico

L’anno sabbatico ha aiutato: «I primi due mesi mi sono riposata un po’, poi ho iniziato a fare dei lavoretti: cameriera, pulizie in un hotel, bar. Così sono riuscita a mettere da parte un po’ di soldi per lo psicologo. I miei genitori hanno tre figli e un affitto da pagare e non sarebbero riusciti a sostenere i costi». Adesso Valentina studia e lavora. Giacomo, invece, è partito per New York: «Arrivato all’ultimo anno di liceo sentivo che avevo bisogno di un orientamento: conoscevo già le vacanze studio, poi tramite Internet ho visto che all’estero organizzavano anche corsi di preparazione all’università. Allora ho deciso di prendermi del tempo per me». E dice che «Non ho mai messo in discussione l’idea di iscrivermi all’università, ma mi sentivo completamente perso. Una volta arrivato a New York ho capito perché».

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