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Il cottage di Renzo Arbore ad Ostia nel mirino della Procura: «È occupazione abusiva». L’artista ora deve pagare

Il processo al grande artista si è concluso oggi, 2 luglio, con una sentenza a non doversi procedere per intervenuta oblazione: dovrà pagare 338 euro

Sul lungomare di Ostia sorge un complesso residenziale discreto ma molto apprezzato dai vip della Capitale: si compone di piccoli cottage, verandine a uso privato con prati all’inglese, cabine. Tanti comfort, a due passi dalla spiaggia. Un posto ideale per godersi la bella stagione, che per anni è stato ben conosciuto da professionisti e showman romani. Ma anche dalla Procura di Roma: il comprensorio è stato infatti accusato di occupare abusivamente l’area demaniale. Con questa imputazione, sono partite oltre 86 denunce. Tra queste, una era indirizzata a Renzo Arbore: il processo al grande artista si è concluso oggi, 2 luglio, con una sentenza a non doversi procedere per intervenuta oblazione. Ovvero la possibilità di pagare una somma in cambio dell’uscita dal procedimento e dell’estinzione del reato contestato. La cifra che dovrà essere pagata da Arbore è di 338 euro.

Il comprensorio sulla spiaggia

Il comprensorio è stato costruito nel 1957, a pochi metri dagli arenili di Castelporziano e dalla Tenuta del Presidente della Repubblica. Allora, ciascuna costruzione inclusa nell’area vantava una regolare concessione edilizia, rilasciata dal Comune di Roma. La legittimità di alcune autorizzazioni venne però contestata in seguito ai controlli incrociati della commissione straordinaria alla guida del X Municipio dal 2015. Il Campidoglio, infatti, nel corso degli anni non avrebbe rinnovato alcune autorizzazioni, sostenendo che i trattasse di concessioni turistiche e non ad uso abitativo. Le abitazioni sono così, di fatto, diventate abusive.

La tesi della difesa

L’avvocato Cesare Gai, che assiste Renzo Arbore e una sessantina di altri proprietari dei cottage incriminati, ha spiegato a Open: «L’illegittimità è puramente formale. I concessionari hanno chiesto il rinnovo delle concessioni in maniera reiterata, senza ricevere risposte dall’amministrazione capitolina». Al momento, spiega ancora l’avvocato, «sono in corso interlocuzioni con il Comune per risolvere la situazione. La natura di questi beni dovrà infine essere definita in sede amministrativa».

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