Giacomo Bozzoli, la fuga in Maserati del condannato per l’omicidio dello zio: «È in un paese al confine con l’Italia»

È scappato da giorni. Il procuratore di Brescia: giusto non tenerlo in custodia cautelare. Il piano per l’omicidio e la trattativa per il rientro

L’ultimo accesso su Whatsapp risale alle 3,30 del mattino del 24 giugno. Poi di Giacomo Bozzoli, condannato in via definitiva in Cassazione per l’omicidio dello zio Mario, non si sa più nulla. Bozzoli è latitante da più di una settimana e con lui ci sono la moglie Antonella Colossi e il figlio di 9 anni. Gli inquirenti hanno firmato un mandato di cattura internazionale. Pensano che sia all’estero, anche se il suo passaporto è scaduto. È scappato a bordo su una Maserati. E secondo le ultime informazioni che trapelano da Brescia si troverebbe in un paese confinante con l’Italia e sarebbero in corso tentativi di convincerlo a tornare. Bozzoli ha ricevuto conferma il primo luglio dell’ergastolo. Non era in aula al momento della lettura della sentenza. L’ipotesi è che sia scappato da giorni.


Le ricerche

Giacomo ha ricevuto la condanna per aver ammazzato lo zio Mario Bozzoli l’8 ottobre 2015. Dopo averlo ucciso ha gettato il corpo nel forno della fonderia di famiglia. Una fumata anomala, dopo le 19, aveva anche bloccato l’impianto. Sei giorni dopo l’omicidio Giuseppe Ghirardini, addetto al forno, si è suicidato con una pillola di cianuro. Per la procura era il complice di Giacomo. «Qualunque cosa abbia architettato per avere un futuro da uomo libero, la vedo complicata», dice uno degli investigatori al Corriere della Sera. «Può funzionare in un film americano, ma così con la moglie e il figlio al seguito dove volete che vada?», è il ragionamento. Lui è stato dichiarato latitante con un decreto. Le segnalazioni sono negli alberghi e negli aeroporti, nei porti di tutta Europa e nei paesi extra Schengen. «Le possibilità di farcela sono scarse tendenti a zero», conclude la fonte.


La scomparsa da una settimana

Giacomo Bozzoli non aveva restrizioni di nessun genere. Non gli è mai stato contestato il pericolo di fuga che sarebbe stato motivo di custodia cautelare. Il procuratore generale di Brescia Guido Rispoli ha spiegato che in un processo indiziario è fisiologico che l’imputato sconti la pena solo dopo la condanna irrevocabile. Lui si è sempre professato innocente. L’ex fidanzata Jessica, con lui dal 2008 al 2012, racconta che Giacomo le ha confessato il piano omicidiario. «Più volte aveva palesato il suo odio per lo zio. Lo odiava. E il suo intento di ucciderlo me l’ha riferito non solo una volta, soprattutto dopo le discussioni in azienda». Un progetto omicida che avrebbe dovuto anche coinvolgerla: «Mi disse che avrei dovuto prendere la sua auto e percorrere l’autostrada in modo che il telepass rilevasse il passaggio, arrivare a casa mia e dormire lì».

Il piano per l’omicidio

Lui, nel frattempo, «avrebbe aspettato lo zio sotto casa sua, nella risalita dove c’erano gli alberi e l’avrebbe colpito alle spalle, di sorpresa. Poi, indossando un paio di stivali un numero più grande del suo, sarebbe andato nel bosco (non meglio precisato) e lì avrebbe passato la notte». Il giorno dopo «mi avrebbe chiamato da una cabina telefonica affinché lo andassi a recuperare». In sintesi: «Avrei dovuto fornirgli un alibi». Bozzoli ha sostenuto che l’ex fidanzata fosse troppo attaccata al denaro e che aspettasse solo il momento giusto per rovinargli la vita. La Repubblica scrive che il padre Adelio e il fratello Alex sono rimasti invece nell’alloggio sopra l’azienda, a una cinquantina di chilometri in Val Trompia. I tre hanno riaperto assieme un’attività di commercio di materiali ferrosi, fondando la Ifis a Bedizzole, vicino Soiano.

La trattativa per il rientro

Qui vive anche la vedova di Mario, zia di Giacomo. Lavora nello studio odontotecnico del figlio. I parenti, che dopo il delitto hanno interrotto i rapporti con i famigliari del condannato ora irreperibile, a Soiano hanno una villa a pochi metri da quella presidiata dai carabinieri. L’avvocato Luigi Frattini, legale di Giacomo Bozzoli associato in Cassazione allo studio Coppi, ieri ha scelto il silenzio. «Non so cosa dire», ha fatto sapere. Un modo per confermare che qualcosa si muove. Se non una trattativa, la speranza in una scelta di fuga già rientrata, in una imminente consegna di Bozzoli nel carcere che lo attende.

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