Satnam Singh, i verbali della moglie Sony: «Antonello Lovato ha lasciato il braccio tra i rifiuti ed è scappato»

Pagati in media «circa sei euro l’ora a testa, con pausa pranzo, lavorando circa otto/nove ore al giorno». Il marito «aveva il braccio destro tranciato e ferite a entrambe le gambe»

Antonello Lovato, 38enne titolare dell’azienda agricola Lovato in via del Passo a Borgo Santa Maria in provincia di Latina, è stato arrestato in relazione alla morte di Satnam Singh. L’accusa nei suoi confronti è cambiata. Ora la procura gli contesta l’omicidio volontario con dolo eventuale invece dell’omicidio colposo per omissione di soccorso. Nella sua ordinanza il giudice delle indagini preliminari Giuseppe Molfese gli contesta una condotta «disumana» nei confronti di una persona «che poteva essere salvata». Lovato ha sostenuto di aver portato a casa il corpo di Satnam perché glielo aveva chiesto la moglie. E di aver verificato che chiamassero l’ambulanza. A smentirlo però ci sono la testimonianza di Sony, la moglie di Satnam, e quella di un altro lavoratore agricolo.


La testimonianza di Sony

Con l’aiuto di un interprete e in due diversi verbali Sony ha raccontato la storia dall’inizio. «Satnam è mio marito, siamo sposati da tre anni e mezzo e da circa tre anni viviamo in Italia. Prima a Napoli, poi da due anni a Cisterna di Latina. Lavoravamo in un’azienda di allevamento di bufale e qui nella raccolta di ortaggi e frutta, sempre nella stessa azienda», ha esordito. Smentendo le voci che circolavano nella comunità Sikh di Latina, secondo le quali i due non avevano contratto il matrimonio. Sony spiega anche quanto venivano pagati: «In media circa sei euro l’ora a testa, con pausa pranzo, lavorando circa otto/nove ore al giorno». Quel giorno, racconta, si stavano occupando «di sistemare il telo plastico lungo il terreno previsto per la piantagione di cocomeri». E ancora: «Siamo usciti di casa alle 5.30 con le biciclette».


L’incidente

Sino all’ora di pranzo si sono occupati della raccolta di zucchine, poi della sistemazione del film plastico. Quindi il racconto si fa drammatico: «Il mio compito era liberare i fili in plastica delle serre dagli ancoraggi e spostare la terra per permettere la raccolta senza creare danni. Era un lavoro che svolgevamo sia io che mio marito. Quel giorno Satnam è stato invece incaricato di raccogliere la plastica dietro al trattore. Fino a quel momento Antonello aveva lavorato da solo. Quando è successo l’incidente, Antonello stava seduto sul trattore fermo e mentre l’avvolgiplastica era in funzione dava indicazioni a mio marito. All’improvviso ho sentito Antonello urlare e ho visto mio marito a terra, accovacciato vicino al macchinario. Ho capito che era stato trascinato all’interno dell’avvolgiplastica. Antonello urlava “è morto! è morto!”. Mio marito aveva il braccio destro tranciato e ferite a entrambe le gambe».

Cosa ha fatto Antonello Lovato

E ancora: «Ho chiesto ad Antonello di chiamare i soccorsi ma lui urlava solo “è morto! è morto!”». Sony dice che con loro c’erano «Sandra, una donna italiana regolarmente assunta, e Gora, indiano. Non ve l’ho detto prima perché ero sotto choc e spaventata di coinvolgere altre persone. Ho subito chiesto a tutti di chiamare un’ambulanza, ma nessuno ha fatto nulla. Supplicavo Gora dicendogli “tu sei mio fratello, aiutami”, ma erano tutti pietrificati. Solo dopo aver insistito, Antonello ha preso un furgone bianco e ha caricato mio marito e il braccio all’interno». Dopo l’incidente, spiega, è stata lei a chiamare aiuto sul camion: «Sono salita anche io, nonostante fosse pieno di cassette di plastica vuote. Eravamo nella parte posteriore con gli sportelli chiusi, sono rimasta con mio marito al buio, il furgone è partito velocemente, facendo cadere le cassette vuote su di noi».

«Chiamate un’ambulanza»

La testimonianza prosegue: «Sono stati attimi di panico, urlavo nella mia lingua di chiamare un’ambulanza. Non so se c’erano altre persone a bordo. Ero sicura che mio marito fosse vivo, l’ho visto respirare, in maniera regolare e in alcuni momenti velocemente, fino a quando eravamo a casa, pur non parlando, rimanendo immobile e aveva gli occhi semichiusi. Arrivati a casa, un mio connazionale ha chiamato i soccorsi. Antonello ha lasciato il braccio all’ingresso, tra i rifiuti, fuggendo via. Il mio cellulare e quello di mio marito sono rimasti nel furgone».

Le altre testimonianze

Nelle carte che accusano Antonello Lovato per la morte di Satnam Singh ci sono altre testimonianze. Taranjeet Singh, uno degli operai dell’azienda agricola, dice che Lovato, «che si trovava su un trattore, si è avvicinato. Ha iniziato a bestemmiare e a proferire minacce come “Dovete starvi zitti”». E poi ancora: «Ho visto tutto e ho iniziato a dire di chiamare l’ambulanza. Ma il datore di lavoro non ha fatto niente, è andato verso il furgone e ha caricato Satnam Singh, la moglie e il braccio. Pensavo lo portasse in ospedale. Non credevo che lo lasciasse davanti al cancello. Ad un certo punto ha detto che Satnam era morto, e che i soccorsi non potevano venire». Un altro teste ha detto che Lovato si è fatto una doccia e ha chiamato due avvocati.

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