Claudio Marchisio e gli insulti dei suoi ex tifosi: «Vorrei un confronto, non devono nascondersi dietro gli striscioni»

L’ex bandiera della Juventus: «Io ho la pelle dura, altri no ed è giusto proteggerli»

Claudio Marchisio non ci sta. L’ex bandiera della Juventus si è preso gli insulti dei suoi tifosi per aver elogiato la tifoseria del Torino, che rende acceso il derby della Mole. E in un’intervista a La Stampa va al contrattacco: «Porto avanti e condivido le battaglie in cui credo anche pensando ai miei figli e ai giovani come loro: sento di avere delle responsabilità. Non mi tocca il contenuto dello striscione, ma non posso far passare che qualcuno si senta autorizzato a reagire così a un’opinione: io ho la pelle dura, altri no ed è giusto proteggerli». Per l’ex calciatore «viviamo in un mondo in cui bastano pochi frame per pensare di conoscere la realtà. Un po’ come succede con la Var: un colpo alla caviglia isolato sembra rigore, le immagini complete danno un’altra prospettiva. Mi ero preparato, si parlava di percentuali di tifosi e ho riportato quanto avevo letto».


Il confronto

Il calcio, spiega, «è uno specchio della vita, della società e dei suoi problemi, ma è anche da qui che bisogna cominciare. Quando si decide di esprimere un’idea, di dire la propria, va messo in conto che possa aprirsi un confronto anche fermo con chi non è d’accordo, ma un limite deve esserci e quando viene superato la risposta non può essere il silenzio. Lo insegno ai miei figli e agli adolescenti che sognano di diventare calciatori e che seguo con la mia agenzia: certi comportamenti si trasformano in pressioni difficili da gestire per i ragazzi e per le loro famiglie, ben venga allora il coraggio di opporsi al malcostume di un calcio dove vale tutto». Poi replica agli ultras: «Chi mi ha attaccato pensa forse sia in pensione dopo aver guadagnato bene, non conoscono il mio percorso e la mia realtà di oggi. Nemmeno questo è giusto. Come non è giusto intaccare la mia juventinità».


La passione e la fede

E spiega: «La mia passione bianconera risale all’infanzia, quando papà e mamma mi portavano allo stadio e poi ad allenarmi con la maglia che avevo sempre sognato. Nessuno può permettersi di far leva su una dichiarazione basata su un dato per mettere in dubbio la mia fede. Non ho mancato di rispetto ai tifosi e quelli veri, la maggioranza, lo hanno capito». Infine, dice cosa farebbe se se li trovasse davanti: «Cercherei il confronto che avrei voluto dall’inizio. Da persone civili. Senza vederli nascosti dietro lo striscione per sentirsi più forti».

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