Cosa c’è dietro l’allarme di Mattarella: «Giorgia Meloni ha paura per il premierato, rischio voto anticipato»
Nei giorni scorsi la presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva chiesto al Quirinale di prendere posizione sull’inchiesta di Fanpage. Perché secondo lei i metodi giornalistici utilizzati per raccontare che la sua Gioventù Nazionale è piena di antisemiti e razzisti erano scorretti. Sergio Mattarella non le ha risposto. E già questa poteva essere una replica. Ieri però il presidente della Repubblica è stato molto più chiaro con la premier sulle priorità del paese. Ha spiegato che «democrazia è esercizio dal basso», e che la libertà conquistata «dopo il regime fascista» va intesa «anzitutto come rifiuto di ogni obbligo di conformismo sociale e politico, come diritto all’opposizione». Il riferimento è chiaramente al premierato che fa sorgere molti dubbi ai costituzionalisti. La risposta della premier potrebbe arrivare presto. E a sorpresa.
Giorgia e Sergio
Secondo i retroscena infatti Meloni in privato dice di sentire il Quirinale ostile al Ddl costituzionale. E lei stessa ha paura di finire per schiantarsi sul referendum. Se l’esito fosse negativo in tanti ne chiederebbero le dimissioni. E c’è già chi si sta portando avanti con il lavoro. La Repubblica svela che la premier ne ha parlato di recente con i suoi fedelissimi. Ovvero Giovanbattista Fazzolari, Alfredo Mantovano, la sorella Arianna e il ministro Francesco Lollobrigida. E ha immaginato alcune correzioni di rotta. Tra cui c’è quella clamorosa, ovvero il reset totale. Elezioni anticipate, nuova legittimazione popolare e poi una riforma presidenziale senza più ostacoli. Si tratta di uno scenario ipotetico. E che deriva anche dalle difficoltà in Europa. Dove alla fine Meloni è finita all’angolo nella trattativa tra Popolari, Liberali e Socialisti. E Ursula von der Leyen si sposta verso i Verdi per avere i voti che le servono al Parlamento Europeo.
Un nuovo inizio
Per questo la premier immagina quello che viene definito come un nuovo inizio. Nel quale butta a mare il premierato per puntare sul presidenzialismo, ovvero il progetto originario. In questo è supportata dal presidente del Senato Ignazio La Russa, che la consiglia e la influenza. Ma per farlo dovrebbe ottenere una nuova legittimazione elettorale. Che arriverebbe soltanto con un nuovo voto. E a sciogliere le camere chi dovrebbe essere? Sempre Mattarella. Un’altra ipotesi, ventilata da La Stampa, vede invece Meloni pronta a rispondere al Colle con la legge elettorale. Che ancora non è stata illustrata nei dettagli e dovrebbe costituire, nelle intenzioni del centrodestra, il fulcro del sistema di check & balances che terrebbe in piedi il premierato.
Doppio turno alla francese?
Già, ma come? L’idea è quella del doppio turno alla francese, che è il sistema più coerente per supportare il premierato. E che permetterebbe così ai cittadini di scegliere direttamente il proprio governo con un ballottaggio finale. Ma la soluzione non piace molto al centrodestra, che teme ammucchiate contro il suo candidato e rischi di sconfitte pericolose. Le critiche ai ballottaggi delle elezioni amministrative sono soltanto un antipasto. E allora l’unica linea perseguibile finora è quella più democristiana di tutte: il rinvio. Come Fortebraccio scriveva che anche il giorno dell’Apocalisse la Dc rinvierà qualcosa, così la maggioranza di centrodestra potrebbe attendere fino all’ultimo e non scoprire le carte sul sistema elettorale. Proprio per evitare una frantumazione della coalizione.
Il rischio tirannia della maggioranza
Intanto l’ex presidente della Corte Costituzionale Gaetano Silvestri mette in relazione le parole di Mattarella proprio con il premierato: «Sarebbe bene ricordarsi che nessuna maggioranza è eterna e che, prima o poi, si torna minoranza. La Costituzione è lì proprio per tutelare le minoranze, preservarne l’integrità conviene a tutti». Secondo Silvestri «il Parlamento correrebbe il pericolo di non rappresentare più il Paese e di diventare una mera struttura di servizio del governo. Il presidente della Repubblica sarebbe ridotto a un ruolo notarile e rischierebbe di perdere la funzione di arbitro».
Silvestri spiega che la riforma del premierato «è un progetto ispirato a una logica di cumulo autoritario del potere, che si articola in due modi: l’elezione diretta del presidente del Consiglio e una legge elettorale che deve creare una maggioranza a sua immagine e somiglianza. Di fatto, così il premier raddoppierebbe il suo potere, originato sia dal popolo che dal Parlamento».
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