«Ambiente di lavoro tossico e poco coinvolgimento. Le dimissioni di massa non sono solo un problema di salario» – L’intervista

Da oggi 3mila ricercatori da oltre 100 paesi sono a Milano Bicocca per parlare di lavoro. Abbiamo parlato con uno di loro, Adriano Solidoro

«Siamo a un bivio cruciale nel mondo del lavoro, nella società e nell’ambiente. Dobbiamo decidere se continuare con le pratiche attuali, che comportano impatti negativi sull’ambiente, iniquità e disuguaglianze lavorative, e disparità tra le categorie sociali, o se scegliere una nuova strada». A parlare con Open è Adriano Solidoro, docente dell’Università Bicocca di Milano ed esperto di studi organizzativi. Solidoro è tra i 3mila ricercatori provenienti da oltre 100 Paesi riuniti alla conferenza Egos Colloquium, dedicata ai cambiamenti nel mondo del lavoro e alle responsabilità delle organizzazioni in un’epoca caratterizzata da rapidi cambiamenti tecnologici, sociali e ambientali. Quando si parla di organizzazioni, non si fa riferimento solo alle imprese orientate al profitto, ma a tutte le azioni sociali e collettive mirate a raggiungere obiettivi specifici. Questo include imprese sociali, comunità, partiti politici, governi e altre istituzioni a livello locale o nazionale, così come collettivi di attivisti.


Flessibilità lavorativa, giustizia ambientale, diritti

Flessibilità lavorativa, settimana corta, teorie queer e sostenibilità ambientale sono solo alcune delle tematiche che verranno affrontate durante la quarantesima edizione della conferenza, quest’anno ospitata dalla Bicocca e intitolata Crossroads for Organizations: Time, Space and People, che si terrà da oggi, 4 luglio, fino al 6 luglio. Le sessioni tematiche spazieranno dalle disuguaglianze nel mercato del lavoro all’impatto della digitalizzazione, dalle strategie di investimento sostenibile alla giustizia climatica. Particolare attenzione sarà rivolta anche al ruolo della tecnologia e dell’intelligenza artificiale, esplorando come queste possano contribuire a un cambiamento positivo senza incrementare le disuguaglianze.


Grandi dimissioni e quiet quitting: perché le persone lasciano il lavoro

Grandi dimissioni, grande ritorno, quiet quitting, sono fenomeni ormai entrati a pieno regime nel mondo del lavoro. «Il fenomeno delle dimissioni o di chi si abbandona a fare il minimo indispensabile è molto più complesso di quanto si pensi. Le persone non lasciano il lavoro per dedicarsi al nomadismo digitale come viene detto spesso, per lavorare da isole tropicali o perché possono permettersi di non lavorare. Le dimissioni avvengono principalmente a causa di situazioni di grande conflitto nel mondo del lavoro», prosegue Solidoro, che sottolinea come si tratti di «un fenomeno globale», sebbene particolarmente sentito nel nostro Paese. «Il motivo? Le organizzazioni hanno seguito per anni una politica di taglio dei costi, con un impatto diretto sulla quantità e qualità del lavoro svolto dalle persone. Recenti dati indicano che in Italia si lavora in media un’ora e mezza in più ogni giorno rispetto al tempo contrattualizzato. Una cifra aggravata dal fatto che, mentre i profitti delle imprese e l’inflazione aumentano, i salari rimangono stagnanti», chiosa.

Cosa cercano i lavoratori

Solidoro riferisce che le indagini europee e statunitensi sul cosiddetto “engagement” – ovvero su come le persone vivono il loro lavoro, il senso di realizzazione, la responsabilità e il senso di appartenenza – rivelano una situazione preoccupante. «È un’apocalisse di zombie perché, utilizzando un’analogia, se immaginiamo una canoa con dieci persone, solo due remano effettivamente per raggiungere l’obiettivo, due cercano di affondare la barca e sei osservano il paesaggio senza toccare i remi». Fenomeno che ha a che fare con la qualità del lavoro. «La maggior parte cerca un’occupazione che offra più tempo libero, maggiore soddisfazione, salari più alti, maggiore autonomia e un senso di appartenenza e realizzazione. Un ambiente lavorativo positivo, dove è possibile comunicare con i superiori, essere ascoltati e socializzare con i colleghi, è essenziale». Ma è anche una questione di concezione della leadership, sottolinea il ricercatore, che «in Italia è troppo ancorata a una visione di comando», aggiunge.

Cosa possono fare le aziende

Il ricercatore ci tiene a sottolineare che alcune imprese, quelle più attente, stanno iniziando a implementare delle strategie per migliorare il benessere dei dipendenti. «È il caso di chi offre servizi di welfare orientati al benessere dei dipendenti, come attività sportive o ricreative o supporto psicologico. Ma anche chi promuove flessibilità di orari e luogo di lavoro, permettendo lo smart working. Alcune aziende incentivano anche l’impegno sociale dei dipendenti, offrendo ore pagate per attività di volontariato», spiega Solidoro. «Tuttavia», precisa, «non sono pochi i casi in cui queste iniziative si rivelano più una facciata di marketing che realtà concrete».

Teorie queer e ambienti di lavoro inclusivi

Tra gli 80 sottotemi della conferenza c’è anche quello relativo alla comunità lgbtqia+, portatrice di istanze e richieste di diritti nel mondo del lavoro. «Il mondo queer offre anche un approccio differente sul lavoro. Aspetti che abbiamo dato per scontati per anni potrebbero portare con sé bias, pregiudizi e percezioni di cui spesso non ci si accorge», afferma Solidoro. L’attenzione al mondo lgbtqia+ sul fronte del lavoro, secondo il ricercatore, è «molto indietro» nel nostro Paese. Inoltre, aggiunge, «non è solo una questione di gestione dell’inclusione, ma si tratta di adottare una prospettiva completamente diversa su ciò che consideriamo normale solo perché istituzionalizzato. Gli studi organizzativi – conclude – stanno investigando questo aspetto con una duplice prospettiva: da un lato, come proporre pratiche che rendano inclusivi gli ambienti di lavoro; dall’altro, con uno sguardo più ampio su cosa ci suggerisce il mondo queer riguardo ai rapporti interpersonali, al potere e alla diversità sul lavoro».

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