Alla Camera passa la mozione sul riconoscimento della Palestina condizionato ai negoziati: Azione e Italia Viva insieme alla maggioranza

Bocciati i testi delle altre opposizioni. Provenzano (Pd): «Non avete il coraggio di chiamarla catastrofe. E non lo è: è peggio, è un’apocalisse». Ricciardi (M5s): «A voi non frega nulla di quella gente»

La discussione alla Camera dei deputati che affronta la questione mediorientale si è conclusa con l’approvazione della mozione presentata dalla maggioranza – che prevede il riconoscimento della Palestina ma in un quadro di negoziati con Israele – e la bocciatura delle mozioni di Partito democratico, Movimento 5 stelle e Alleanza Verdi e Sinistra. Inoltre, l’Aula ha approvato, grazie ai voti del centrodestra, anche parti delle mozioni di Azione e Italia Viva. Dei testi di calendiani e renziani sono state respinte le premesse, ma approvati gli impegni. Tra i centristi e la maggioranza di governo, sul tema palestinese, c’è stata una convergenza di posizioni, più moderate rispetto alle richieste del centrosinistra che volevano il riconoscimento diretto dello Stato della Palestina, come avvenuto da parte di Irlanda, Norvegia e Spagna. Le mozioni impegnano il governo ma non costituiscono un vincolo nell’azione esecutiva. In quella siglata dai parlamentari di maggioranza, viene chiesto a Giorgia Meloni e ai suoi ministri di «sostenere nelle opportune sedi europee e internazionali iniziative finalizzate al riconoscimento dello Stato di Palestina nel quadro di una soluzione negoziata fondata sulla coesistenza di due Stati sovrani e democratici, che possano riconoscersi reciprocamente e vivere fianco a fianco in pace e sicurezza».


Le mozioni dell’opposizione

Può sembrare una sottigliezza, ma sottolineare che i negoziati debbano avvenire trattando con la diplomazia di Tel Aviv ha creato la spaccatura con il centrosinistra. Il Pd voleva che il governo adottasse «tutte le iniziative necessarie volte a riconoscere la Palestina quale Stato democratico e sovrano entro i confini del 1967 e con Gerusalemme quale capitale condivisa». Il M5s, poi, calcava la mano sullo stop alla vendita di armi alla controparte israeliana. Infine, Avs insisteva affinché l’esecutivo studiasse delle «sanzioni – da applicare – al governo israeliano». La tensione nell’emiciclo è scoppiata quando il governo ha sollevato una richiesta nei confronti delle opposizioni: sostituire le parole «catastrofe umanitaria» con la dicitura più morbida di «crisi umanitaria». È insorto Giuseppe Provenzano: «Non avete il coraggio di chiamarla catastrofe. E non lo è: è peggio, è un’apocalisse. Il governo israeliano di estrema destra – sta eseguendo – una rappresaglia atroce senza più limiti, conducendo una guerra non al terrore ma ad un intero popolo». Riccardo Ricciardi, primo firmatario della mozione grillina, ha protestato: «Derubricare in una mozione la parola catastrofe a crisi è una vergogna. Cosa sono 39 mila morti, cos’è sparare su gente in fila per il pane? A voi non frega nulla di quella gente!».


La posizione di Iv e Azione

I parlamentari di Azione e Italia Viva, invece, hanno voluto rimarcare come la sinistra non si sforzasse di condannare nei propri testi gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023. «Non accettiamo la timidezza di molti gruppi parlamentari nel difendere il popolo d’Israele e gli ebrei in tutto il mondo – ha detto il renziano Davide Faraone -. È inaccettabile e incredibile che nelle mozioni di svariati gruppi parlamentari siano totalmente scomparsi il riferimento al 7 ottobre 2023 o una condanna chiara degli episodi di antisemitismo». Per Azione, Ettore Rosato ha ribadito che «i primi nemici della pace in Medio Oriente sono Hamas, Hezbollah, Iran che hanno la distruzione dello Stato di Israele come obiettivo politico».

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