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Il medico di famiglia che lascia il lavoro: «Hanno lasciato morire una mia paziente, è stato uno schifo»

05 Luglio 2024 - 08:14 Redazione
carlo campiglia
carlo campiglia
Carlo Campiglia lavorava a Busto Arsizio. A febbraio la morte di Anna, sua paziente, per un tumore

Carlo Campiglia è un medico di famiglia di Busto Arsizio. Da aprile ha deciso di lasciare il lavoro dopo 30 anni. Perché una sua paziente è morta dopo che l’ospedale ne ha rifiutato il ricovero. «Il rapporto con i pazienti è sempre stato fantastico. Quando si fa questo mestiere con il cuore, si creano legami che danno tanto, anche dal punto di vista umano», premette oggi Campiglia in un’intervista all’edizione milanese del Corriere della Sera. Poi parla di Anna, la sua paziente 81enne: «Seguivo sia il figlio Alessandro, sia lei. Certo, aveva affrontato una neoplasia mammaria e i problemi tipici della sua età, ma si era stabilizzata nonostante i suoi malanni. Così fino a febbraio».

A febbraio

Cosa succede a febbraio? Succede che il figlio Alessandro gli telefona: «E mi dice che la mamma non sta bene. Vado a visitarla e noto che respira male. Decido di mandarla al pronto soccorso per altri accertamenti che io, senza strumenti e a casa della paziente, non ero in grado di fare». Ma il primo ospedale non la ricovera: Da Gallarate viene rimandata a casa senza essere ricoverata, tra la disperazione del figlio e la mia incredulità. Insisto e la faccio portare a Busto Arsizio, poi a Legnano. In entrambi i casi, lo stesso esito. Alessandro si rivolge anche ad alcune rsa private, senza trovare disponibilità. Pochi giorni dopo Anna muore sul divano di casa sua, non sappiamo se per colpa del ritorno del tumore o per un’altra malattia. Il suo unico figlio ancora oggi è devastato: viveva con e per la mamma, era la sua ragione di vita».

Una vicenda che lo ha schifato

Campiglia dice che la vicenda lo ha «schifato e ha fatto da detonatore per una decisione che covavo da tempo. Con che dignità potevo continuare a fare quel lavoro? In studio con me c’era il dottor Stella, il primo medico di famiglia morto a causa del Covid, nel 2020. Quell’anno per me ha segnato l’inizio del declino di una professione diventata una questione perlopiù formale, che passa attraverso mezzi elettronici. Così sono andato via dal servizio pubblico con sei anni di anticipo: ora lavoro solo come dermatologo». Avrebbe potuto continuare, ma «ero troppo stanco. Avrei potuto girarmi dall’altra parte, considerare che ci sono anche situazioni virtuose, ma non mi ritrovavo più in quel ruolo: lavorare sempre al pc, perdere il contatto con i pazienti… Io volevo fare il medico. La cosa più preoccupante è che questi episodi si minimizzano, ma nelle piccole comunità emergono storie disastrose».

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