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Chico Forti: «Mettete a tacere Marco Travaglio e Selvaggia Lucarelli»

chico forti selvaggia lucarelli marco travaglio
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Il detenuto lo avrebbe chiesto a un recluso accusato di rapporti con la 'ndrangheta. Per le critiche dei due al suo ritorno in Italia. E avrebbe promesso ricompense una volta candidato con il centrodestra

Il detenuto Chico Forti ha chiesto a un altro recluso del carcere di Verona di «mettere a tacere» Marco Travaglio, Selvaggia Lucarelli e una terza persona. In cambio di «futuri favori» quando sarà libero e potrebbe candidarsi con il centrodestra. L’ex campione di surf condannato per omicidio negli Stati Uniti, in galera a Montorio da oltre un mese, avrebbe chiesto all’altro di «contattare qualche ‘ndranghetista». Per chiudere la bocca a chi ricordava i suoi trascorsi in America. E protestava per il suo ritorno da re, con tanto di foto con la premier Giorgia Meloni. Ma Forti si sarebbe arrabbiato anche per il titolo «Benvenuto assassino» che Il Fatto Quotidiano gli ha dedicato. Il procuratore di Verona Raffaele Tito ha aperto un fascicolo a modello 45 sulla vicenda: ossia senza indagati né reati ipotizzati.

La richiesta

Forti avrebbe chiesto di mettere a tacere Lucarelli e Travaglio a un altro detenuto, il quale avrebbe avvertito delle sue intenzioni il Garante dei detenuti, pregandolo di avvertire il direttore del Fatto. Un altro recluso presente al colloquio tra Forti e l’altro detenuto ha confermato le frasi di Forti. I testimoni sono stati già sentiti dalla procura. Travaglio ha segnalato la vicenda ai pubblici ministeri. Il detenuto che ha avvertito il garante si trova in carcere dal marzo 2023 per una misura cautelare del tribunale di Torino. Deve fronteggiare l’accusa di truffa e quella di rapporti con una struttura locale della ‘ndrangheta. Non risulta affiliato né coinvolto in fatti di sangue. Un reato che si potrebbe ipotizzare è quello dell’articolo 115 del Codice Penale: accordo per commettere un reato. Ma non prevede pena se il reato non viene commesso.

Chico Forti e la ‘ndrangheta

Il detenuto ha raccontato che Forti era diventato assiduo frequentatore della sua cella per le “spaghettate” che organizzava. Poi gli avrebbe detto: tu parla con i tuoi amici per mettere a tacere Marco Travaglio e Selvaggia Lucarelli (più un terzo personaggio di cui non ricorda il nome). In cambio gli avrebbe promesso di non dimenticarsi di lui. Quando otterrà l’annullamento della condanna, avrebbe aggiunto, conta di entrare in politica con il centrodestra e di ricompensarlo con altri favori. Fratelli d’Italia, sentita dal quotidiano, ha smentito la possibilità di candidature di Chico Forti. La procura ha fatto stilare una relazione di servizio ai carabinieri e l’ha inoltrata al Dap, il dipartimento dell’amministrazione giudiziaria. Il prefetto di Verona ha ricevuto una relazione sulle esigenze di sicurezza delle tre persone in pericolo.

Il Fatto e Chico Forti

Le critiche a Forti erano costate a Travaglio una lite con le Iene. Anche per l’apertura del 19 maggio scorso, il giorno dopo il ritorno in Italia di Forti con accoglienza della premier. Che aveva annunciato il ritorno in Italia a marzo. Nel 2020 era stato l’allora ministro Luigi Di Maio ad annunciare un ritorno poi mai concretizzatosi. «Ciascuno è libero di dubitare della colpevolezza ma per la giustizia americana Chico Forti è un assassino», aveva detto Travaglio all’epoca. «Per tornare in Italia Forti ha dovuto accettare la sentenza di condanna. E la Corte d’Appello di Trento ha dovuto riconoscere la sentenza americana cosicché da quel momento è un assassino anche per la giustizia italiana. La Meloni fa due cose che non si sono mai viste: primo manda a prendere Forti con un Falcon dell’aeronautica militare, secondo lo accoglie all’aeroporto come un Papa, un capo di Stato, un eroe nazionale…», aveva concluso.

Felony murder

Forti è stato condannato negli Usa per un «felony murder», ovvero un omicidio consumato per commettere un altro crimine. Nel suo caso sarebbe stata una truffa al padre dell’uomo che ha ucciso, Dale Pike. Anthony Pike, afflitto da demenza senile, stava per vendere il suo albergo a Forti. Dale Pike aveva scoperto l’inganno ed era volato a Miami per impedirlo. Tra le prove a suo carico la sabbia della spiaggia in cui Pike era stato ucciso ritrovata sulla sua auto, i tabulati telefonici che lo collocano sulla scena del crimine, e la sua pistola: una calibro 22, come quella dell’assassino. Forti era stato condannato all’ergastolo «life without parole», ovvero senza possibilità di uscire, e aveva trascorso 24 anni nel carcere della Florida. Fino all’arrivo in Italia.

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