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Elezioni Francia, la scommessa vinta di Emmanuel Macron e il Nuovo Fronte Popolare che può spaccarsi per governare

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I risultati definitivi. La sorpresa alle urne e il Parlamento bloccato. La Francia divisa in tre parti e l'ipotesi sinistra al governo senza Mélenchon. Mentre Marine Le Pen pensa alle presidenziali del 2027

182 seggi e una vittoria forse inutile. Il Nuovo Fronte Popolare di Jean-Luc Mélenchon porta a casa il maggior numero di parlamentari alla prossima Assemblée Nationale al secondo turno delle elezioni in Francia. I risultati e i dati definitivi del ministero dell’Interno dicono che su 577 deputati quelli del Nfp saranno 192. Ensemble, la formazione di Emmanuel Macron, ne ha ottenuti 168. Mentre il Rassemblement National di Marine Le Pen e Jordan Bardella, nonostante l’alleanza con una parte dei Republicains, è terzo con 143 deputati eletti. Ma se i numeri dicono che il presidente ha vinto contro tutti i pronostici la sua scommessa convocando le elezioni anticipate dopo la sconfitta alle europee, adesso si apre un rebus per il governo. Nessuno ha i numeri per formare una maggioranza autonoma. Il 18 luglio i deputati dovranno eleggere il presidente della Camera. E lì si vedrà se sarà possibile anche una coalizione.

I risultati delle elezioni in Francia

I dati definitivi sulle elezioni in Francia diffusi dal ministero dell’Interno dicono che i deputati del Nfp saranno 182 su un totale di 577. Subito dopo nella classifica dei raggruppamenti ci sarà la formazione centrista di Macron Ensemble, che ne ha presi 168. Rn si è fermato a 143 deputati eletti nonostante l’alleanza con Ciotti. Secondo i calcoli del quotidiano Le Monde, all’interno del Nouveau Front Populaire, la France insoumise di Mélenchon è la più rappresentata con 74 eletti ai quali si aggiungono 3 “dissidenti” del partito. Il Partito socialista avrà 59 deputati e gli Ecologisti 28. Il partito comunista ha eletto 9 parlamentari e Generation.S 5. Nessuno dei partiti e delle coalizioni ha quindi raggiunto la maggioranza assoluta, fissata a 289 deputati. Il ribaltamento delle previsioni è stato reso possibile a causa della desistenza. Ma lo scenario del Parlamento bloccato era quello più gettonato dopo l’addio alle triangolazioni.

Il nuovo governo

Secondo i retroscena circolati negli ultimi giorni Macron aveva un piano in testa. Quello di dare l’incarico a Bardella come primo ministro anche se Rn non avesse raggiunto la maggioranza assoluta. Per vederlo fallire e “vaccinare” così i francesi contro Le Pen. Da questo punto di vista il piano è fallito. E la nascita di un nuovo governo diventa per lui un vero rompicapo. Mélenchon ha escluso già da ieri sera un’alleanza con i macronisti: «La volontà del popolo deve essere rispettata. Il presidente deve accettare la sconfitta e chiedere al Nuovo Fronte Popolare di governare». Il leader socialista Olivier Faure ha invece aperto: «Una coalizione è necessaria». Mentre per Raphael Glucksmann, capo di Place Publique, «adesso dobbiamo comportarci da adulti». Anche i macroniani hanno posto veti all’alleanza con la sinistra. E proprio da qui si può partire per immaginare una nuova coalizione.

«Macron ha vinto la scommessa»

Il politologo Gilles Kepel dice oggi al Quotidiano Nazionale che Macron ha vinto la scommessa «perché a quanto pare la sua componente rimane comunque indispensabile a formare la maggioranza». Il professore pronostica anche una maggioranza senza la sinistra radicale. Ovvero formata da macronisti, repubblicani e sinistra moderata. La stessa che oggi governa l’Europa con Popolari, Socialisti e Liberali. «La desistenza era stata decisa chiaramente per impedire la vittoria del Rn. Gli elettori di sinistra sono andati a votare candidati moderati e viceversa contro il pericolo di una vittoria dell’estrema destra. Che rappresenta comunque qualcosa di estraneo e contrario alla storia recente della Repubblica del dopoguerra, nata dalla France libre di Charles de Gaulle, mentre loro sono per certi versi gli eredi della Repubblica di Vichy di Philippe Pétain».

La sinistra al governo senza Mélenchon

Kepel spiega che «Mélenchon ha intenzionalmente dichiarato la vittoria e che si aspetta di essere convocato per ricevere l’incarico di presidente del Consiglio. La camera però risulta divisa più o meno in tre grandi componenti, con un ruolo significativo che possono svolgere i repubblicani in caso di appoggio a un governo». Il politologo dice che a suo modo «Macron è riuscito a rimanere nel centro del gioco e bisogna comunque allearsi con lui per il momento. Per formare quale maggioranza non si può ancora dire».

Anche Gilles Gressani, direttore di Le Grand Continent, dice a Repubblica che la strada per un esecutivo di coalizione è fissata: «Giulio Cesare diceva che la Gallia è divisa in tre. Lo spazio politico in Francia resta tripartito. Uno dei blocchi può ottenere la maggioranza assoluta solo se gli altri due blocchi glielo permettono. Appare in modo evidente che i centristi e la sinistra non l’hanno permesso al Rassemblement national che cresce nettamente raddoppiando i suoi seggi, ma che arriva molto, troppo lontano dalla maggioranza assoluta».

La Francia divisa in tre parti

Gressani spiega che l’assenza di una maggioranza assoluta crea un assetto inedito nella storia della Quinta Repubblica. Ma un governo di coalizione è possibile: «Nella quinta Repubblica c’è stata a lungo un’alternanza possibile tra sinistra e destra, con il centro che fa l’ago della bilancia. Macron ha invertito questa logica, governando al centro. Come una palla di demolizione ha preso lo spazio del Partito Socialista nel 2017 e si è subito spostato a destra per prendere lo spazio gaullista. Ora che questo blocco centrale è indebolito, e sia la destra che la sinistra hanno estremi molto più forti dei partiti tradizionali, chi può fare l’alternanza? È questa la trappola in cui si trova oggi la Francia. Se un governo di grande coalizione esclude gli estremi, il Rn ma anche la France Insoumise, si rilancia l’idea del centro “razionale” assediato che governa contro una parte del Parlamento».

Marine Le Pen e la corsa per la presidenza nel 2027

L’agenzia di stampa Afp ricorda che dopo la chiusura di Mélenchon, Glucksmann è stato molto più aperto: «Dovremo parlare, dovremo discutere, dovremo dialogare» di fronte a questa Assemblea «divisa», ha spiegato il presidente di Place publique. Il programma del Nfp, che prevede l’abrogazione della riforma pensionistica sul salario minimo di 1.600 euro, non sembra compatibile con le ambizioni del campo presidenziale. Allo stesso tempo, si capirà molto sulla distribuzione dei gruppi politici e sull’assegnazione dei posti chiave nell’Assemblea nazionale con l’elezione del futuro presidente il 18 luglio.

L’uscente Yaël Braun-Pivet, rieletta a Yvelines, continua a credere nella riconferma. Dentro Rn a 28 anni il presidente del movimento Jordan Bardella deve constatare il fallimento del suo “piano Matignon”. Che si è scontrato ancora una volta con il “fronte repubblicano” nonostante un netto aumento dei seggi. Ma la vittoria del RN è «solo rinviata» e «la marea continua a salire», auspica Marine Le Pen. Ancora in corsa per le presidenziali del 2027.

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