Il funzionario allontanato dalla giunta Raggi che criticò l’idea delle “pecore-tosaerba” dovrà essere risarcito per 107mila euro
Le pecore tosa erba nei parchi di Roma non sono mai arrivate, nonostante l’idea avesse riscosso l’entusiasmo dell’ex sindaca Virginia Raggi. E, del resto, il «Direttore della Gestione Territoriale Ambientale», Pietro Maria Scaldaferri, l’aveva detto subito che non avrebbero potuto sostituire i giardinieri del comune. Non è mai stato chiarito esplicitamente se sia stata questa posizione a causare il suo allontanamento, nel 2020, visto che le ragioni non vennero mai comunicate. Ma ora, a distanza di 4 anni, il funzionario ha vinto la battaglia legale contro il Campidoglio: gli è stato riconosciuto un danno quantificabile in 107mila euro.
La vicenda
Il Tribunale, infatti, ha dichiarato che l’ordinanza con cui l’ex prima cittadina revocò il suo incarico è da ritenersi illegittima. Contro l’ex dipendente, scrive Repubblica, era stata sollevata una questione di incompatibilità ambientale. All’epoca, Scaldaferri aveva firmato «211 determinazioni dirigenziali». E aveva spiegato che puntare sulle pecore per diserbare i giardini della Capitale non era una buona idea. Ma la sindaca era convinta che «gli eco-pascoli sono una realtà che funziona e che funzionerà anche a Roma». Così, scrive Repubblica, dopo 5 mesi l’incarico di Scaldaferri viene revocato, «senza preavviso alcuno».
Il provvedimento
Un provvedimento che «non risulta essere stato adottato nel rispetto dei vincoli normativi», nonostante si lamentasse «l’asserito mancato riscontro di richieste di informazioni, nonché l’adozione di comportamenti non compatibili con i doveri di correttezza». Il direttore, infatti, non risulta mai essere stato «formalmente convocato al fine di attuare il confronto». Non ci sono nemmeno prove, tra l’altro, che Scaldaferri si sia potuto difendere dalle accuse. L’avvocato Raffaele Nardoianni, che assiste Scaldaferri: «Il giudice ha riconosciuto una violazione eclatante: Scaldaferri è stato allontanato senza una preventiva contestazione».
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