Carla Bruni è indagata: l’elezione di Sarkozy, i fondi dalla Libia e quelle (presunte) pressioni sul testimone-chiave

La decisione dopo il colloquio con il giudice in merito alla vicenda della testimonianza poi ritrattata da Ziad Takieddine

Carla Bruni è indagata ed è stata rilasciata in libertà sotto controllo giudiziario. La decisione è stata presa dalla Procura dopo la sua apparizione questa mattina – martedì 9 luglio – davanti a un giudice francese in relazione alle false dichiarazioni rese da Ziad Takieddine, un testimone chiave dell’inchiesta sui presunti finanziamenti illeciti alla campagna elettorale del 2007 di Nicolas Sarkozy. Secondo BfmTv, l’ex first lady di Francia è sospettata di aver esercitato pressioni indebite su un testimone per spingerlo a ritrattare e di «associazione a delinquere in vista della preparazione dei reati di truffa alla giustizia e corruzione di agenti pubblici stranieri» (giudici libici). La stessa testata precisava però che, stando alle sue fonti, la sua posizione potrebbe anche essere alleggerita e diventare quella di «testimone assistito», una sorta di via di mezzo nel diritto francese tra il testimone e l’accusato.


Le manovre per salvare Sarkozy

L’inchiesta-madre dalla quale nasce questo filone si riferisce alle indagini per presunti finanziamenti dalla Libia alla campagna elettorale del 2007 con la quale Sarkozy conquistò l’Eliseo. Tra i testimoni chiave che misero nei guai Sarkozy c’era appunto Ziad Takieddine, uomo d’affari e intermediario. Nel 2020 però l’uomo ritrattò tutte le sue precedenti accuse nei confronti di Sarkozy, scagionandolo temporaneamente. La procura di Nanterre sospetta che dietro tale cambio di linea ci fosse non solo Mimi Marchand, donna forte della stampa popolare francese e molto vicina a Carla Bruni. Ma anche la stessa ex top model e moglie di Sarkozy. Avrebbe macchinato lei stessa per favorire un incontro a Beirut tra Marchand e Takkiedine, volto a convincere quest’ultimo a ritrattare le sue accuse e salvare così reputazione e destino di Sarkozy. «Sauver Sarko», sarebbe stato il nome in codice dell’operazione nella cerchia. Per spingere Takkiedine in questa direzione, è il sospetto, ci sarebbe stato un pagamento da oltre 600mila euro. Accuse al momento tutte da provare. Fatto sta che poche settimane dopo la ritrattazione, a complicare il quadro, l’uomo d’affari tornò nuovamente sui suoi passi cambiando versione per l’ennesima volta.


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