La lezione del Loco Marcelo Bielsa sul calcio: «Ecco perché stanno rubando questo sport ai poveri» – Il video

Dall’insostenibilità delle logiche di profitto alla fase di decrescita in termini di autenticità: le riflessione del ct dell’Uruguay

Il calcio è uno sport che ha radici profonde nella cultura popolare e, da sempre, rappresenta una delle poche fonti di felicità accessibile a tutti, indipendentemente dal ceto sociale. Soprattutto nei quartieri e nei Paesi più poveri, dove spesso mancano le risorse per acquistare beni di gratificazione materiale, il calcio offre un’isola felice, un senso di appartenenza e identificazione collettiva che va oltre il semplice intrattenimento. Ma oggi è ancora così? Secondo Marcelo Bielsa, commissario tecnico dell’Uruguay, non più. In conferenza stampa, si è lasciato andare in una riflessione sullo stato attuale del calcio sudamericano, sostenendo che è vittima del denaro e dell’influenza delle dinamiche del calcio europeo, che spesso porta via i talenti in giovane età. «Il calcio è di proprietà del popolo. Perché è di proprietà del popolo? Perché i poveri hanno poche possibilità di accedere alla felicità, non avendo i soldi per comprarla. Quindi il calcio, che è gratuito, è di origine popolare», spiega Bielsa, noto come «El Loco» (il pazzo) e riconosciuto per essere una sorta di filosofo e profeta di un calcio diverso, per valori e profondità. «Il calcio è una delle poche cose che i poveri possiedono, ma ormai non ce l’hanno più. Perché, ad esempio, già a 17 anni uno come Endrick se ne va», aggiunge.


La fase di decrescita del calcio

Secondo Bielsa, questo sport sta attraversando una «fase di decrescita» in termini di autenticità. Sebbene «sempre più persone lo guardino», è anche vero che è «sempre meno attrattivo, perché non si privilegia più quello che ha reso il calcio il primo sport al mondo». Per questo motivo, «alla fine questa fase finirà: non importa quante persone guardano il calcio se non viene protetto ciò che lo rende piacevole da guardare». Alla radice del problema, spiega Bielsa, c’è la dinamica economica che sta allontanando il calcio dalle sue radici popolari, trasformandolo in un’industria dominata dal business e dal profitto. «A trarre vantaggio è solo il business, perché per loro conta solo il numero di spettatori, ma questa curva sta per finire. Col tempo, i giocatori che meritano di essere guardati saranno di meno e il gioco sarà meno bello da vedere, e questo aumento artificiale degli spettatori finirà», commenta.


L’insostenibilità del business

La decrescita di cui parla Bielsa non è, quindi, solo una questione di numeri, ma di qualità. Il messaggio che intende far passare è che se si continua a privilegiare il business a scapito di ciò che rende il calcio unico, il rischio – a suo avviso – è che il gioco perda il suo fascino intrinseco. Gli spettatori potrebbero aumentare a breve termine, ma senza proteggere l’essenza del calcio, questa crescita sarà insostenibile. La bellezza di questo sport risiede nella sua spontaneità, nel talento genuino dei calciatori e nella passione dei tifosi. Ma se questi elementi vengono sacrificati sull’altare del profitto, le partite rischiano di diventare un mero spettacolo privo di anima. Come conclude Bielsa, «il calcio non è solo i cinque minuti di highlights, è molto di più. È un’espressione culturale, una forma di identificazione».

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