Patrioti, Matteo Salvini minaccia Giorgia Meloni: «Se vota von der Leyen è la sua fine»

I Patrioti per l’Europa scelgono slogan trumpiani per il loro gruppo. E mettono in difficoltà la premier italiana nella trattativa per la Commissione Europea

Se Giorgia Meloni vota Ursula von der Leyen a capo della commissione europea «potrebbe essere la sua fine». A dirlo è un Matteo Salvini gongolante ed entusiasta per la nascita dei Patrioti per l’Europa in una sala della Camera. Mentre il raggruppamento che tiene insieme Marine Le Pen, Viktor Orbán e Vox oltre alla Lega diventa il terzo per numeri al Parlamento Europeo. Jordan Bardella sarà il capogruppo, mentre tra i sei vicepresidenti c’è il generale Roberto Vannacci. E il logo e lo stile del nuovo gruppo tradiscono uno degli ispiratori: Donald Trump. «Make Europe great again», è lo slogan che ricorda quello della campagna elettorale Usa del 2016. Intanto la premier, che è volata a Washington per il vertice Nato, non ha intenzione di entrarci: «Non sto con i filorussi».


I Patrioti per Putin

Il retroscena di Repubblica racconta lo stato d’animo del Carroccio, che ha incassato con nonchalance la sconfitta di Le Pen in Francia. «Per noi von der Leyen è insostenibile. Capisco che Giorgia ragioni da capo di governo, ma se alla fine la vota, vedrete, potrebbe essere la sua fine», dice il Capitano ai suoi. Il confronto con i Conservatori e riformisti europei è vincente. Quelli di Ecr sono 78, i Patrioti 84. In 30 sono lepenisti, 11 sono gli orbaniani di Fidesz, 8 arrivano dalla Lega. Poi 7 da Ano (Repubblica Ceca), 6 dal Pvv olandese, 6 austriaci del Fpoe, 3 belgi di Vlaams Belang, 2 portoghesi di Chega. E al tavolo si siedono pure 2 cechi del “movimento degli automobilisti”, un greco della Voce della Ragione, un eletto di Lettonia first e uno del Partito popolare danese. Soprattutto ci sono 6 spagnoli di Vox, che erano gemellati con Meloni in Ecr.


Il fritto misto in salsa sovranista

Il fritto misto di sovranismi del nuovo gruppo però potrebbe diventare indigesto. Perché ha deciso sì di tenere chiuse le porte ad Alternative Fur Deutschland, ma hanno idee diverse su tante cose. Se l’Ungheria ha deciso di mantenere la linea contraria agli aiuti a Kiev, la linea degli olandesi del Pvv è di mantenerli. E su tutti aleggia l’accusa di essere una quinta colonna di Vladimir Putin in seno all’Unione Europea. Ma sull’altro fronte, quello meloniano, c’è comunque preoccupazione. Perché Giorgia deve ancora decidere su Ursula. Ha annunciato l’astensione al Consiglio Europeo per avere le mani libere di trattare fino al 18 luglio, giorno del voto sulla presidente della Commissione a Strasburgo. Ma entro quella data deve decidere tra le tre opzioni (votare sì, votare no, astenersi).

Giorgia e Ursula

Meloni ha coltivato il rapporto con von der Leyen da prima dell’inizio della campagna per le elezioni europee. A Ursula interessa l’assicurazione sulla vita del voto di Ecr (o della sua componente più numerosa: Fratelli d’Italia) per passare indenne dai franchi tiratori a Strasburgo. A Meloni la legittimazione della sua capacità di governo anche a Bruxelles. Votare la presidente sembrava la strategia più semplice da attuare, ma l’accordo tra Popolari, Liberali e Socialisti ha posto il veto su qualunque allargamento dell’alleanza all’estrema destra europea. E così ora Meloni potrebbe offrire qualcosa che von der Leyen deve per forza rifiutare. Meloni valuta seriamente il sostegno a Ursula. Ma vuole qualcosa di importante in cambio.

Commissario Fitto, il caso Pnrr è tuo!

Ha già deciso che il fedelissimo Fitto è il candidato per il commissariato con le deleghe a Bilancio e Pnrr. E attende un segnale sui migranti, che però von der Leyen potrebbe rifiutarsi di fornire per non irritare socialisti e soprattutto Verdi, che si candidano ad allargare la maggioranza europea. Come ha spiegato Carlo Fidanza a Repubblica, alla fine la premier eviterà l’astensione. Voterà a favore oppure contro. La ragione spinge per il sì, il cuore stenta ad abbandonare l’ennesimo no.

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