L’aeroporto di Malpensa intitolato a Berlusconi? «Semmai il Colosseo, non ha fatto nulla per difenderlo»
Giuseppe Bonomi è l’ex presidente di Sea e Alitalia all’epoca della nascita dell’aeroporto di Malpensa. E in un’intervista all’edizione milanese di Repubblica si schiera contro l’idea di intitolare lo scalo a Silvio Berlusconi. «Gli intestino il Colosseo, ma non l’aeroporto», dice Bonomi. Perché il Cavaliere «ha fortemente caratterizzato l’imprenditoria italiana degli ultimi cinquant’anni, ma non ha mosso un dito per difenderla». Mentre la sua cosiddetta Rivoluzione Liberale «è stata semplicemente enunciata. L’attuazione è stata praticamente nulla».
L’aeroporto di Malpensa e Berlusconi
Sulla scelta di intitolare l’ex hub al fondatore di Forza Italia Bonomi dice di non avere «nulla in contrario al fatto che vengano intitolate a Berlusconi vie, piazze, ma da cittadino esprimo la delusione. Sono nettamente contrario alla scelta di Malpensa. Sono stato colui che ha visto nascere questo aeroporto. L’ho fatto nascere, lo considero come un altro figlio, l’ho difeso ed è stata una parte importante della mia vita. Io e pochi altri abbiamo condotto importanti battaglie per difenderla. Tra questi pochi nomi non c’era quello di Berlusconi». E questo perché «A metà degli anni ’90 Alitalia aveva definito un accordo per l’integrazione con Klm. Si reggeva su un caposaldo. La nascita di un nuovo grande aeroporto nel Nord Italia. Di fronte a questo disegno si scatenò il finimondo».
La difesa mancata di Alitalia
Bonomi ricorda che il governo Prodi con l’allora ministro «Burlando difese a spada tratta la nascita di Malpensa. Con il cambio di governo, D’Alema prese atto delle spinte internazionali e revocò tutti i decreti per la nascita di Malpensa. Poi arrivò Berlusconi che non mosse un dito, ma non fu la cosa più grave». Quella più grave è che «Alitalia si posizionò comunque su Malpensa e rimase per parecchi anni. Sono stato presidente di Alitalia per un anno dal 2003 al 2004, nominato dal governo Berlusconi. Trovai una situazione già molto grave e con forti spinte a portare la compagnia in dote ad Air France. Mi fu chiesto di convocare un consiglio di amministrazione per ratificare un accordo che prevedeva di portare tutto il traffico di Milano e Roma verso Parigi e che fosse gestito da Air France. Io ero contrario e dissi che avrei votato contro».
La telefonata
Ma a quel punto «la sera prima del cda verso le 23,30 fui cercato dalla Batteria del Viminale che mi passò Berlusconi che era presidente del Consiglio. Mi disse che capiva la mia posizione, ma che aveva appena concluso un importante accordo con l’allora presidente francese Chirac e quindi non poteva opporsi all’intesa con Air France. Ne presi atto. Fu il presupposto del dehubbing di Alitalia. Si passava dalla gestione di 1238 voli settimanali a 160». Secondo Bonomi «da parte del governo Berlusconi non ci fu mai un atto in difesa di quella che era ed è una infrastruttura strategica del Paese. Ci fu una sottovalutazione. Ecco perché pensare di intitolare l’aeroporto a Berlusconi è un’assurdità. Oltretutto l’Enac ha preso la decisione senza nemmeno sentire Sea».
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