Quella volta che Lino Banfi fece la truffa del Rolex falso ai napoletani: «Ero disperato, dovevo mangiare»
Lino Banfi compie domani 88 anni. O meglio, li ha già compiuti visto che è nato il 9 luglio «a casa con la levatrice. Però mi hanno registrato l’11, si usava così. E quindi festeggio due giorni, come i principi». Nell’intervista che rilascia oggi al Corriere della Sera racconta che tra qualche mese diventerà bisnonno: «Mia nipote Virginia, la figlia di Rosanna, aspetta una bambina». Aspetta per il compleanno una telefonata dal Papa: «Perché no? Ci spero. Di sicuro mi scriverà un messaggio. La nostra amicizia, con garbo, sta diventando sempre più stretta. Quando vado a trovarlo è contento, con me si diverte e ne ha bisogno, mica è facile fare il Santo Padre». Con cui si fa delle belle chiacchierate: «Lui mi dà del tu, ma ancora non riesce a chiamarmi solo Lino. Io gli do del lei, del voi, come viene. Un giorno mi piacerebbe potergli dire: “Mio chero Francesco”».
La telefonata di Meloni
Banfi dice di aspettarsi una chiamata anche da Giorgia Meloni: «Magari succedesse, mi farebbe piacere. L’ho vista al Quirinale per la Festa della Repubblica — sa, sono Cavaliere di Gran Croce — e le ho fatto questa battuta: “Presidente, visto che non è andata bene la via della Seta con i cinesi, perché non prova la via del Lino con me?». Poi racconta di una rapina: «Mi è capitato che due rapinatori mi puntassero la pistola alla fronte per rubarmi il Rolex che avevo messo per accompagnare mia nipote a un evento. Avranno visto le foto sui social. E mi aspettavano davanti all’ascensore. “Banfi, dammi l’orologio”. Temevo che volessero salire in casa con la forza ed ho pure pensato di dargli una testata sulla faccia, ma per fortuna se ne sono andati». Ma lui racconta che al tempo di guerra per mangiare ha venduto orologi falsi ai napoletani: «La fame era tanta, ero campione italiano del salto del pasto. Con la compagnia di varietà si lavorava poco, un tizio che conoscevo, lui sì, un truffatore di razza, mi propose di fargli da spalla».
La truffa dell’orologio ai napoletani
E Banfi acconsentì: «Ci vestimmo da ufficiali della Marina americana. “Ma io non parlo una parola d’inglese”, protestai. E lui: “Non importa. Quando ti faccio segno, tu piangi e ripeti soltanto: I remember my mother (ricordo mia madre)”. Ci siamo messi al centro di Napoli e abbiamo finto che ci avessero rubato il portafoglio. “Dobbiamo tornare alla base, aiutateci”, singhiozzavamo». Il piano era articolato: «E il compare gli proponeva di comprare il mio Rolex per 10, 20 mila lire. Al segnale, scoppiavo a piangere, fingendo di non volermi separare dal ricordo della mia cara mamma. Ma poi cedevo. Ovviamente il Rolex era falso».