Lo Stato concesse 477mila euro a Daniele Muscariello, il produttore cinematografico coinvolto nell’operazione antimafia di Roma
Chi l’ha conosciuto lo ha definito «un ragazzone naif», un imprenditore vulcanico, rampante, eclettico, a capo di uffici trasudanti «entusiasmo e positività». Per il Gip di Roma, invece, Daniele Muscariello è «tra gli organizzatori della “politica” economico-criminale» che ieri, 9 luglio, è stata al centro di una maxi operazione condotta dalla Direzione Investigativa Antimafia (Dia) e dalla Direzione Distrettuale Antimafia (Dda), che ha portato 18 persone a misure cautelari e a un sequestro di beni pari a 131 milioni di euro. L’indagine, secondo quanto riferito dalla Procura di Roma, ha fatto emergere l’esistenza di due organizzazioni criminali impegnate nel riciclaggio di ingenti somme di denaro. I soldi sporchi venivano investiti in attività apparentemente legali, dalla logistica al commercio di autovetture e idrocarburi, dall’edilizia alla cinematografia. Ed è qui che entra in gioco Muscariello. A cui, per giunta, lo Stato concesse mezzo milione di euro in crediti d’imposta.
La passione per il cinema
Classe 1977, Daniele Muscariello nasce a Roma e lì cresce e si stabilizza, mettendo su famiglia con la sua compagna, da cui ha avuto due figli. Le sue doti imprenditoriali emergono inizialmente nel mondo del calcio: ricopre il ruolo di direttore sportivo del Sulmona nel 2013, l’anno del ritorno degli ovidiani in Serie D. Poi, decide di dedicarsi al cinema perché, dichiarò in un’intervista, la passione per la settima arte «ha sempre fatto parte della mia vita fin da giovanissimo: ho sempre pensato al cinema italiano come ad un’ispirazione e ad un punto di arrivo». Intercettato nell’ambito di un’inchiesta della Dda romana, invece, si era mostrato più pragmatico: «Un film può costare 200mila ma può costare pure 50 milioni di euro», affermava al telefono, dimostrando come il settore si potesse prestare al riciclaggio di soldi sporchi.
Relazioni importanti
Proprio con questa accusa, il produttore cinematografico venne arrestato nel marzo 2022, e condannato a 9 anni di carcere a distanza di un anno. Sentenza che però non sembrò preoccuparlo particolarmente: «Abbiamo relazioni importanti, sono 4 volte che mi arrestano ma poi torno a casa», diceva ancora in un’intercettazione. Secondo l’ordinanza di custodia cautelare in carcere che gli è stata notificata il 9 luglio, in effetti, il Gip scrive che Muscariello «recluta gli imprenditori da assoggettare al sistema di riciclaggio e mantiene costanti rapporti con esponenti del mondo istituzionale e appartenenti alle forze dell’ordine, come si è visto nella esposizione dei fatti oggetto delle imputazioni».
Le due case di produzione
Dunque, secondo gli inquirenti, Muscariello era all’apice della piramide criminale. Di notte. Di giorno, invece, proseguiva la sua attività di produttore cinematografico. Lui stesso racconta su LinkedIn di aver fondato ben «due case di produzione cinematografiche Indipendenti Internazionali»: Henea Productions, dedicata a suo figlio, e la Union Film. Non si può dire che abbiano finanziato successi planetari, ma bisogna riconoscergli un certo talento nel procacciare fondi. Per il film All’alba perderò, con Pupo e Angela Finocchiaro, Henea Productions S.r.l. ha per esempio ottenuto un credito d’imposta dal Ministero della Cultura pari a 477mila euro.
Muscariello sui suoi profili social e in diverse interviste ha inoltre mostrato entusiasmo per la produzione del lungometraggio Cobra non è, esordio alla regia del direttore di videoclip musicali Mauro Russo, realizzato con il supporto di Rai Cinema, Mica e Film Commission Puglia. Sempre con Mauro Russo dietro la macchina da presa, Henea Productions avrebbe prodotto lo short movie horror NAIK, nel 2020.
I videoclip musicali ed Elvis Demce
Il nome di Henea productions Srl, così come quello di Muscariello, compare inoltre nella produzione di alcuni video-clip musicali, come il singolo di Rocco Hunt Fa’ o’ Brav’. Nei credits del video, alla sezione «Assistente di produzione», troviamo anche un altro nome noto: quello del boss albanese Elvis Demce, altra conoscenza di Muscariello. A lui il produttore avrebbe detto di punire un imprenditore che si rifiutava di pagare un clan di mafia: «Deve risarcire, economicamente e anche con dei pezzi di dita, come da accordi… deve risarcire tutto il male che ha fatto con la sua cattiveria, la sua presunzione, la sua arroganza», spiegava Muscariello a Demce, secondo quanto scrisse Repubblica nel 2023. Il progetto però non sarebbe andato in porto. L’imprenditore avrebbe ancora tutte le dita integre.
L’inchiesta
Nell’indagine che ieri ha portato agli arresti, avviata nel 2018 dalla Dia di Roma e coordinata dalla Dda capitolina, gli indagati sono 57. Tra loro, Muscariello non è l’unico nome conosciuto. Ci sono Antonio Nicoletti, figlio di Enrico, lo storico cassiere della banda della Magliana, e Vincenzo Senese, primogenito del boss Michele detto “o pazz”. Ma anche Angelo Calculli, ex manager musicale di Achille Lauro, e l’ex calciatore Giorgio Bresciani che esordì nel 1987 in Serie A con la maglia del Torino. Le accuse sono, a vario titolo, di associazione a delinquere con l’aggravante mafiosa finalizzata alle estorsioni, usura, fittizia intestazione di beni, riciclaggio, autoriciclaggio e armi.
Foto copertina: Repubblica
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