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La settimana corta? Promossa dalle aziende: aumentano i ricavi e diminuisce il turn over – Lo studio

Pubblicati i risultati del progetto pilota lanciato dal governo del Portogallo. Solo 4 aziende su 41 sono tornate indietro. Ma gli esperti avvertono: «Per funzionare davvero serve una profonda riorganizzazione»

La settimana lavorativa di quattro giorni è una pratica «legittima e fattibile», ma per funzionare davvero «richiede una profonda riorganizzazione». L’ultima conferma arriva dal Portogallo, dove sono stati resi noti i risultati del progetto nato su iniziativa del ministero del Lavoro. La sperimentazione ha coinvolto un totale di 41 aziende e oltre mille lavoratori, che hanno optato per diversi formati della «settimana corta». Il supporto tecnico del progetto è arrivato da 4 Day Week Global, un’organizzazione no-profit che si occupa proprio di promuovere la settimana lavorativa di quattro giorni in tutto il mondo. Il coordinamento vero e proprio delle attività di ricerca fa a capo invece a Pedro Gomes, professore di Economia alla Birbeck University di Londra e autore di Finalmente è giovedì! (Editori Laterza), e Rita Fontinha, professoressa di Risorse umane strategiche alla Henley Business School.

Da cinque a quattro giorni

In Portogallo, il passaggio della settimana lavorativa da sei a cinque giorni è avvenuto solo nella seconda metà del XX secolo. In particolare, dopo la Rivoluzione dei Garofani del 1974, che liberò il Paese dalla dittatura fascista di António Salazar. Cinquant’anni dopo quel momento, scrivono Gomes e Fontinha nel loro report finale, il Portogallo è pronto a fare un ulteriore passo. La settimana lavorativa di quattro giorni «affronta sfide ma presenta anche opportunità» e può contribuire a «ridurre le disuguaglianze e promuovere un migliore equilibrio tra vita lavorativa e personale».

I tre “paletti” del progetto

Il progetto pilota promosso dal governo portoghese è partito da tre principi fondamentali. La settimana lavorativa di quattro giorni: non deve comportare riduzioni salariali; deve comportare una riduzione delle ore settimanali di lavoro; deve essere volontaria per le aziende. Stabiliti questi tre “paletti”, il governo si è messo alla ricerca di imprese volenterose di aderire all’iniziativa, mettendo bene in chiaro che non ci sarebbe stato alcun incentivo finanziario per i partecipanti. Dopo le prime sessioni di preparazione, 41 aziende hanno deciso di aderire alla sperimentazione della settimana corta da giugno a novembre 2023. Si tratta di realtà con circa 20 dipendenti, che operano in settori molto diversi tra loro, come educazione, sanità, industria e consulenza. Già in questa fase, è emerso un primo dato degno di nota: il 55% dei dirigenti che hanno acconsentito al progetto è composto da donne, nonostante in media queste ricoprano appena il 27% delle posizioni di leadership in Portogallo.

L’impatto sulla produttività

Su consiglio dei promotori del progetto, ogni azienda ha scelto il format di organizzazione del lavoro più adatto alle proprie esigenze. Alcune imprese hanno portato l’orario di lavoro da 40 a 36 ore settimanali, altre a 34, altre ancora a 32. In media, la diminuzione delle ore lavorate è stata del 12%. Ciononostante, la produttività delle aziende non ne ha risentito. Anzi, la maggior parte dei dirigenti aziendali – si legge nel report finale del progetto – «ha segnalato un aumento dei ricavi e dei profitti nel 2023 rispetto all’anno precedente, suggerendo che la settimana di quattro giorni non sia associata a un peggioramento delle performance finanziarie». Per quanto riguarda il costo del progetto, soltanto un’azienda ha avuto bisogno di aumentare la propria forza lavoro. Quasi l’80% dei manager ha valutato l’iniziativa «finanziariamente neutrale», con un 40% che ha segnalato risparmi in bollette dell’energia e spese per l’ufficio.

Vantaggi (e sfide) per le aziende

L’introduzione della settimana corta ha portato notevoli benefici sia alle aziende, sia ai lavoratori. Per le prime si segnalano soprattutto: riduzione dell’assenteismo, miglioramento delle capacità di reclutamento, diminuzione del turnover del personale e stabilità nella qualità e nella quantità dei servizi offerti. Al punto che, una volta finito il progetto pilota, soltanto 4 delle 41 aziende coinvolte hanno deciso di tornare indietro alla settimana di cinque giorni. Accanto ai vantaggi ci sono però anche alcune sfide. Una delle difficoltà più grandi è stata la gestione del personale durante i periodi di vacanza, «anche se regole più chiare sulle ferie potrebbero risolvere questo problema», si legge nel report di fine progetto.

Cosa ne pensano i lavoratori

Per quanto riguarda i lavoratori, i vantaggi della settimana corta sono soprattutto due: il miglioramento degli indicatori di salute e benessere e un maggior equilibrio tra lavoro e vita privata. L’autovalutazione della salute mentale e fisica ha rivelato aumenti significativi nelle categorie «molto buona» ed «eccellente». La riduzione dell’orario di lavoro ha portato inoltre a un aumento medio di 11 minuti di sonno e a una diminuzione degli episodi di esaurimento nervoso. I sondaggi effettuati al termine del progetto pilota hanno evidenziato che il 93% dei lavoratori vorrebbe continuare a lavorare quattro giorni a settimana, anche se ci sono categorie che sembrano apprezzare la settimana corta più di altre. È il caso delle donne, dei lavoratori con figli, di quelli con istruzione inferiore alla laurea e di chi guadagna meno di 1.100€ al mese. Questo risultato, spiegano i ricercatori, «sfida l’idea che la settimana lavorativa di quattro giorni sia destinata solo a un’élite altamente qualificata».

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