Salta l’intesa Meloni-von der Leyen, l’Ecr si sfila dalla nuova maggioranza Ue: «Non ci sono le condizioni per sostenerla»

L’uomo della premier in Ue Nicola Procaccini dà la linea al gruppo: «Libertà di voto». Pesa in realtà l’esclusione dei Conservatori pretesa da Socialisti, Verdi e Liberali

Il gruppo dei Conservatori e riformisti europei, guidato in Ue da Giorgia Meloni, non voterà la fiducia a un nuovo mandato di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione europea. O per lo meno non in via ufficiale. La decisione che rompe settimane di incertezze e speculazioni è stata annunciata questa mattina da Nicola Procaccini, co-presidente del gruppo Ecr e “luogotenente” della premier all’Europarlamento. «L’agenda che abbiamo avuto modo di vedere non cambia rispetto a quella di 5 anni fa e al momento non ci sono le condizioni per votare von der Leyen». La linea indicata agli eurodeputati della famiglia conservatrice/sovranista, dunque, è quella della libertà di voto alle delegazioni. Il che, come evidente, potrebbe lasciare spazio anche a voti in diversa direzione dai singoli partiti che fanno parte di Ecr. Come lo stesso Procaccini lascia intendere: «All’interno del nostro gruppo c’è sempre stata libertà di movimento e decisione per le singole delegazioni. Cinque anni fa la delegazione di Fratelli d’Italia non votò la presidente della Commissione mentre la delegazione polacca del PiS (i polacchi di Diritto e Giustizia, ndr), ad esempio, la votò». Giovedì prossimo, quando alle ore 13 si voterà la fiducia al nuovo mandato a von der Leyen, succederà il contrario? O la stessa FdI lascerà a sua volta libertà di scelta ai singoli eurodeputati eletti?


Il dilemma di Meloni e la maggioranza Ursula 2.0

Domande che restano ancora senza risposta. Anche perché di qui ad allora manca una settimana esatta, e nel mezzo ci sarà una tappa cruciale del percorso: l’incontro tra von der Leyen e una delegazione di Ecr, in programma martedì prossimo a Strasburgo, nel giorno dell’insediamento nel nuovo Parlamento europeo. Un incontro esplicitamente richiesto dello stesso gruppo, ha tenuto stamattina a precisare Procaccini («Vogliamo sentire delle cose da lei»), “scagionando” indirettamente in tal modo la stessa leader tedesca, cui tre delle quattro principali famiglie politiche europee hanno chiesto esplicitamente, in cambio del loro sostegno, di non costruire alcuna «intesa strutturale» col gruppo guidato da Meloni. E ieri von der Leyen sembra aver ceduto a quelle pressioni, veicolate ieri nello spazio di poche ore prima dai liberali di Renew, poi dai Verdi. Tutto lascia prefigurare insomma ora la formazione di una maggioranza Ursula assai simile a quella che l’ha sostenuta nello scorso quinquennio. A Meloni e ai suoi resterà il cerino in mano, e la decisione – a quel punto probabilmente ininfluente ai fini dell’esito del voto – se votare sì a von der Leyen, anche per instradare il rapporto tra governo italiano e nuova Commissione nel segno della collaborazione, oppure no, così da sottrarsi alle prevedibili cannonate da destra dei nuovi gruppi Ue appena formatisi: i nazional-populisti di Le Pen, Orban e Salvini e gli estremisti (“Patrioti per l’Europa“) al limite del neonazismo a guida Afd (“Europa delle nazioni sovrane“). Con sullo sfondo la possibile terza via dell’astensione. La stessa che la premier italiana scelse polemicamente a fine giugno al Consiglio europeo in cui fu tagliata fuori dall’accordo sui top jobs. La soluzione al dilemma a Strasburgo tra una settimana esatta.


La distribuzione aggiornata dei seggi al Parlamento europeo a seguito della formazione dei due nuovi gruppi di estrema destra

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