Chico Forti, oltre a Lucarelli e Travaglio anche il sindacalista del Spp Di Giacomo: «Non sono preoccupato, ma a breve uscirà dal carcere»
Non c’erano solo Marco Travaglio e Selvaggia Lucarelli tra i nomi che Chico Forti avrebbe fatto a un detenuto chiedendogli di «metterli a tacere» in cambio di «futuri favori» quando sarà libero e potrebbe essere candidato con il centrodestra. Il compagno di carcere dell’ex surfista, condannato per omicidio negli Stati Uniti e rientrato in Italia dopo 25 anni di prigione, ha riferito al Garante dei detenuti le parole di Chico Forti e sono tuttora in corso gli accertamenti, mentre la Procura di Verona ha aperto un’indagine. Il 65enne di Trento ha smentito quanto dichiarato dal compagno, dicendosi «stupito» per quelle affermazioni. Ma ora è venuta fuori anche l’identità della terza persona che Forti avrebbe nominato, l’agente e sindacalista Aldo Di Giacomo, segretario del Sindacato di polizia penitenziaria, che si dice non preoccupato per la vicenda sicuro si sia trattato di uno scambio ironico tra detenuti. «Più che un fatto di cui temere, penso si sia trattato di un gesto goliardico da parte di Forti», ha spiegato Di Giacomo, «pur con le dovute riserve e il rispetto di chi indaga, credo che non ci sia mai stata una reale intenzione di farmi fare del male». A farlo rimanere tranquillo è anche il curriculum del detenuto che ha riportato al Garante lo scambio avuto con Forti, un uomo condannato per truffa che non è affiliato con la ‘ndrangheta. «Non è quello il luogo in cui un detenuto può incontrare persone che in qualche modo possono creare problemi all’esterno. L’area in cui si trova è quella in cui ci sono gli “articoli 21″», ha spiegato. Di Giacomo a Today, «quelli in cui l’amministrazione penitenziaria si adopera per assicurare ai detenuti un lavoro fuori o dentro gli istituti. Se mi avessero detto che aveva parlato con un detenuto al 41 bis… beh, lì mi sarei preoccupato un po’ di più». Secondo Di Giacomo poi, che ha più volte criticato l’accoglienza e il trattamento ricevuto da Forti, a breve uscirà di prigione: «In Italia chi è condannato per omicidio resta in carcere non meno di 22 anni, lui negli Stati Uniti, dove non ha mai creato problemi per cattiva condotta, si è già fatto 25 anni. non è assolutamente vero che l’Italia debba attenersi alle applicazioni degli altri Stati: in Italia si applica solo la legge italiana e lui ora è sotto la competenza del magistrato di sorveglianza. non è assolutamente vero che l’Italia debba attenersi alle applicazioni degli altri Stati: in Italia si applica solo la legge italiana e lui ora è sotto la competenza del magistrato di sorveglianza».
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