La cantante e ambasciatrice Onu in carcere per l’accusa di aver sottratto la figlia al marito
La cantante di cittadinanza maliana Rokia Traoré è in carcere a Civitavecchia. Nei suoi confronti è stato spiccato un mandato di arresto europeo ed è stata fermata a Fiumicino. Il Belgio chiede all’Italia di consegnarla in quanto accusata di aver sottratto la figlia al drammaturgo Jan Gosens, suo marito. La storia comincia nel 2020 all’aeroporto Charles De Gaulle, dove Traoré viene arrestata una prima volta. La accusano di non aver consegnato la bambina di 9 anni che il tribunale ha affidato al padre. Viene rilasciata e vola in Mali con la figlia. Poi arriva il mandato di arresto e lei dice di essere «sconvolta». Perché «si tratta della sicurezza e della crescita di una bambina cittadina maliana che vive in Mali». Lo scorso 20 giugno la cantante e ambasciatrice Onu atterra a Fiumicino.
L’arresto
Si deve esibire in concerto al Parco del Colosseo. Ma finisce invece in carcere a Civitavecchia. E qui rimane, in attesa che le autorità decidano se estradarla o meno. Ufficialmente a causa del «pericolo di fuga». La sua avvocata Maddalena Claudia Del Re presenta alla Corte d’Appello una memoria in cui sostiene che la sentenza emessa dal tribunale di Bruxelles nei confronti di Rokia Traoré, sulla base della quale è stato emesso il mandato d’arresto, è viziata. Perché non sarebbe stato garantito il diritto di difesa. E sarebbe stata sottoposta a un processo in sua assenza. Questo, secondo la sua avvocata, viola le norme internazionali. Ora i giudici dovranno decidere se estradarla oppure se inviare gli atti alla corte del Lussemburgo, competente per i mandati d’arresto. Traoré è anche ambasciatrice Onu per i rifugiati.
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