Giacomo Bozzoli tradito dall’aria condizionata: «Un testimone austriaco dimostra la mia innocenza»

L’intercettazione di un familiare alla base della cattura. Le tre lettere spedite ai giudici che lo hanno condannato. Le banconote emesse dalla Banca centrale austriaca trovate a casa del complice

Giacomo Bozzoli è stato tradito dall’aria condizionata. Che era in funzione quel giovedì e non nei giorni precedenti nella villa a Soiano, sul lago di Garda, in provincia di Brescia. Ma c’è anche una soffiata di mezzo. Alle 5 del mattino qualcuno «a lui vicino», come dicono gli inquirenti, ha messo gli investigatori sulla pista giusta. Come? Facendo «qualcosa di cui non possiamo svelare i dettagli». Ma si tratta di «qualcosa rilevata telematicamente». E che ha portato all’arresto dell’uomo condannato all’ergastolo per l’omicidio di suo zio Mario. Nascosto nel letto-contenitore della sua camera da letto. Intanto Bozzoli ha riferito di aver inviato una lettera ai giudici che lo hanno condannato. Parlando di un presunto testimone austriaco che lo scagionerebbe.


La cattura

Il Corriere della Sera racconta oggi i dettagli della cattura di Bozzoli. Che parte da un decreto di perquisizione della procura in tutti i luoghi suoi punti di riferimento. Tra cui la villa in cui Bozzoli è residente insieme ad Antonella Colossi e al figlio di 9 anni. Quando le pattuglie arrivano il rumore dell’aria condizionata insospettisce tutti. Alle 5 del pomeriggio si decide l’irruzione. E basta mezz’ora per trovarlo. E trovare anche i vestiti che indossava a Marbella, dove era stato filmato il 30 giugno. Poi lo scoprono nel cassettone. È a quel punto che Bozzoli dice al procuratore di Brescia Francesco Prete: «Lei è un uomo dello Stato, non si può mettere in galera un innocente». E ancora: «Non mi avete dato la possibilità di difendermi». E infine: «Sono innocente. Lo capirete dalle lettere che vi ho spedito». Il testo è un memoriale scritto di suo pugno durante la latitanza in Francia.


Giacomo Bozzoli: «Sono innocente»

Un misterioso testimone austriaco, sostiene ancora lui, lo scagiona da ogni accusa. «In quelle lettere ci sono le prove della mia innocenza», sostiene ancora davanti al procuratore. Dice di averne spedite tre copie. Nessuna è ancora arrivata a destinazione: una per il procuratore Prete, una seconda per il procuratore generale Guido Rispoli e una terza a Roberto Spanò, presidente della Corte d’assise che lo ha condannato in primo grado. «Sembrava quasi non capire che il processo ormai è chiuso, che la sentenza è definitiva», racconta al quotidiano un inquirente. Un altro indizio per gli inquirenti: Una delle telecamere della casa di Soiano del Lago, quella in cui Giacomo Bozzoli viveva con la compagna e il figlio fino a prima della latitanza, ha rimandato un segnale anomalo che è stato interpretato come la conferma che il latitante si trovasse all’interno.

Il testimone austriaco

Ma chi è il testimone austriaco che scagionerebbe Giacomo Bozzoli? Erano austriache anche le banconote trovate a casa di Giuseppe Ghirardini. Ovvero l’operaio che si è suicidato dopo la scomparsa di Bozzoli. E che secondo la sentenza era complice di Bozzoli: lo ha aiutato a bruciare il cadavere nel forno della sua impresa. A casa di Ghirardini sono stati trovati in totale 4.400 euro emessi dalla Banca centrale austriaca. Per i giudici si trattava del pagamento (o dell’acconto) per l’aiuto fornito da Ghirardini a Bozzoli. Secondo La Stampa intanto è stata l’intercettazione di una telefonata all’alba a tradire l’uomo condannato per l’omicidio dello zio. Alle 5,30 l’utenza dell’ergastolano è stata localizzata proprio a Brescia.

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